martedì 30 dicembre 2008

Torna in pista Beppe Materazzi


Giuseppe Materazzi è il nuovo allenatore dell'Olympiakos Volos, squadra gerca che partecipa al campionato Beta Ethniki greco, equivalente alla nostra Serie B.
Avrà come assistente e collaboratore tecnico un'altra vecchia conoscenza del calcio italiano, Antonio Antonucci.
Nato ad Arborea (OR) il 5 gennaio 1946, ha giocato in Serie B con Lecce e Bari ed in Serie D con il Tempio Pausania. Con il club salentino ha collezionato 262 presenze in sette stagioni, dal 1968 al 1975, diventando una bandiera della squadra.
É padre del difensore dell'Inter e della nazionale italiana Marco Materazzi.
Dopo aver frequentato con successo il Supercorso di Coverciano,dal 1979 al 1981 allena la Cerretese in Serie C2, da cui verrà esonerato, prima di guidare le giovanili del Bari per due anni. In seguito allena Rimini, Benevento, Casertana.
Nel 1987 è ingaggiato dal Pisa, con cui giunge 13° in Serie A. Nei due anni successivi è sulla panchina della Lazio, condotta ad un buon 9° posto in Serie A nella stagione 1989-1990. Dopo le esperienze al Messina e il ritorno alla Casertana (entrambe in Serie B), nel 1992 si trasferisce al Bari, della cui conduzione tecnica si occupa fino al 1996 disputando due stagioni in Serie B, vincendo il campionato cadetto, e due in Serie A. Nel 1996-1997 è al Padova (Serie B), mentre nel 1997-1998 allena il Brescia (Serie A). Successivamente guida Piacenza, Venezia, Cagliari, prima di tentare l'avventura in Portogallo con lo Sporting Lisbona nel 1999.
Nel 2003 ha allenato la squadra cinese del Tianjin Teda. Nel febbraio 2007 è richiamato ad allenare il Bari per sostituire Rolando Maran. Al suo arrivo i galletti pugliesi navigano in cattive acque riuscendo a portarla ad una quanto mai sofferta salvezza. Il 28 dicembre 2007 si è dimesso dalla guida tecnica del Bari dopo il 4-0 subito nel derby natalizio con il Lecce.

sabato 27 dicembre 2008

Petrucci: ''Mourinho allenatore più intelligente degli ultimi anni''


'Non dà mai risposte banali, anche quando piccate''
Il presidente del Coni sul tecnico dell'Inter: ''Ne ho conosciuti tanti ma lui è veramente originale. Persone come lui portano vantaggi al calcio italiano e ben vengano"
"Sono tanti anni che sono nello sport, e Mourinho forse è l'allenatore oggi più originale e intelligente degli ultimi anni''. Così il presidente del Coni, Gianni Petrucci, a Sky Sport 24 parla del tecnico dell'Inter, Josè Mourinho (nella foto).

''Ne ho conosciuti tanti - dice Petrucci - dal calcio al basket, ma lui per quello che dice, che rappresenta, che ne dice il presidente Moratti è veramente originale, non dà mai risposte banali, anche quando piccate e persone come lui portano vantaggi al calcio italiano e ben vengano".

Poi un auspicio per il 2009. "A Babbo Natale chiederei di non drammatizzare quando si perdono le partite - è il desiderio espresso da Petrucci - un atteggiamento più equilibrato e di non caricare troppo le manifestazioni sportive". Inoltre, "chiederei di evitare i titoli sulle 'partite della vita'. Poi non bisogna ripetere sempre che con la moviola in campo le cose andrebbero meglio, perché l'introduzione della moviola non dipende dallo sport italiano, ma dagli organismi internazionali''.

In generale allo sport italiano il presidente del Coni assegnerebbe un bel 7 ''perché abbiamo fatto una bella figura alle Olimpiadi, il calcio italiano è uscito bene da tanti problemi, oggi c'è un presidente Abete che sta facendo un grande lavoro. Lo sport italiano è eccellenza nel mondo".

Petrucci ha poi confermato che si candiderà per ottenere un nuovo mandato alla presidenza del Coni. "Se il buon Dio vorrà mi ricandiderò e sarò ancora presidente. Per ora ho solamente annunciato la mia candidatura", ha aggiunto il numero uno del Coni che se la dovrà vedere con il presidente della Federazione Italiana Golf, Franco Chimenti.

Fonte: Adnkronos/Ign

martedì 23 dicembre 2008

A Mazzone i nostri auguri speciali


Sono confortanti le condizioni di salute di Carlo Mazzone. Il 71enne ex allenatore di Roma, Napoli, Fiorentina, Bologna e Cagliari, si trova ricoverato da sabato notte all'ospedale Mazzoni di Ascoli, città dove risiede, a causa di un malore che però non ha lasciato conseguenze preoccupanti. Sottoposto agli accertamenti del caso, Mazzone - a titolo precauzionale e per permettere il completamento di tutti gli esami - rimarrà anche la prossima notte nel reparto Utic del nosocomio ascolano da dove dovrebbe essere dimesso martedì.
Mazzone era stato operato per l'asportazione di un calcolo renale - Dopo una notte trascorsa in ospedale, d'accordo con i medici, aveva preferito tornare a casa, ma sabato ha accusato una fibrillazione che ha consigliato il ricovero in ospedale. A Mazzone, assistito dai familiari, stanno giungendo messaggi di pronta guarigione da tutta Italia.
Buon Natale Carlo, ti vogliamo bene.

giovedì 11 dicembre 2008

Ulivieri esprime solidarietà a Morgia


Solidarietà a Massimo Morgia e preoccupazione per una violenza che non è limitata al caso della Juve Stabia. Renzo Ulivieri, presidente dell´Assoallenatori, interviene sui fatti di domenica scorsa dopo la partita interna del club campano con il Lanciano.
"Sento la necessità, a nome di tutta l´Aiac, di esprimere piena solidarietà a Massimo Morgia, allenatore della Juve Stabia, coinvolto suo malgrado insieme ai calciatori Brunner e Radi, negli incidenti di domenica scorsa", il messaggio di Ulivieri, ex allenatore tra le altre di Bologna, Samp, Torino e Napoli. I due calciatori dello Juve Stabia erano stati aggrediti da tifosi locali dopo la partita persa in casa, Morgia era stato colpito da una bottiglietta in testa a partita in corso, mentre era in panchina.
"Il gesto delle sue dimissioni, per protesta contro la situazione di inaccettabile intimidazione, colpisce per coraggio, disinteresse e inquieta per il suo significato profondo - aggiunge Ulivieri - Non può funzionare una sistema che costringe chi è nel giusto a dover cedere alla violenza. Non si tratta di un caso isolato, come è assai diffusa la gestione manipolata e interessata di frange ultras per imporre strategie a società lasciate spesso sole"."Se è vero che la stagione in corso, almeno per quanto riguarda gli incidenti da stadio, in serie A ha fatto registrare il dimezzamento delle multe legate al comportamento dei tifosi - conclude Ulivieri - non si possono ignorare episodi come quello che ha subito Morgia, ancora troppo numerosi e pericolosi perché inquinano la base dell´intero movimento calcistico italiano. A questo proposito serve l´impegno di Lega, Federazione, forze di sicurezza e amministrazioni locali per contrastare con efficacia una violenza che non arriva in prima pagina ma produce effetti altrettanto devastanti".

Vi racconto minacce, botte e paura nell' inferno della Prima divisione


Articolo di Massimo Norrito da "La Repubblica".

Morgia, perché ha lasciato la panchina della Juve Stabia?
«L' ho fatto per alzare la voce. Per rendere pubblica una storia di ordinaria violenza che altrimenti sarebbe passata sotto traccia come tutte le altre. Come le tante che capitano sui campi minori che ormai sono diventati un vero e proprio inferno».
Domenica la Juve Stabia perde in casa contro il Lanciano. A quel punto cosa succede?
«Già allo stadio la contestazione era stata pesante. Insulti, minacce. Una bottiglietta lanciata dagli spalti mi ha colpito alla testa. La tensione era palpabile. Siamo rimasti chiusi negli spogliatoi senza riuscire a mettere il naso fuori con la gente che protestava. Quando alla fine sono riuscito ad andare a casa ho preso carta e penna e ho scritto al presidente Giglio rimettendo il mandato nelle sue mani. Se questo poteva servire a far tornare la serenità ero pronto a farmi da parte. Ma quello era soltanto all' inizio».
Cosa è successo dopo?
«Dopo un' ora e mezza dalla fine della partita due miei giocatori, Brunner e Radi, sono stati fermati da un gruppo di sconosciuti quando già erano lontani dallo stadio. Li hanno costretti a scendere dall' auto e li hanno insultati, minacciati, poi picchiati. Altri due calciatori, Amore e Mineo, che viaggiavano a bordo di un' altra auto, sono riusciti a sfuggire all' agguato. Hanno visto quello che stava accadendo, hanno imboccato l' autostrada e sono scappati mettendosi al sicuro».
E lei che cosa ha fatto? «Ho scritto una nuova lettera al mio presidente rassegnandogli le irrevocabili dimissioni. Restare era diventato impossibile».
Va via per paura?

«Il problema non è la paura. Io voglio restare un uomo libero e qui non ci sono le condizioni perché questo accada. Voglio essere in grado di andare in giro per la città senza dovermi preoccupare, senza dovermi guardare alle spalle, senza dover temere. È in gioco la mia incolumità, ma soprattutto la mia dignità. Io sono un uomo di sport e se alzo la voce è proprio per difendere il mio sport. Qualcuno mi ha detto che vado via perché non ho le palle per restare. Invece io vado via proprio perché ho le palle per denunciare quello che accade. E poi se toccano i miei giocatori è come se toccassero la mia famiglia».
In che senso?
«Se la sono presa con loro. Li hanno spaventati, malmenati. Con quale coraggio potrei guardarli in faccia se non facessi niente per loro? A me non interessa insegnare loro le diagonali o le sovrapposizioni. Non è soltanto questo ciò che voglio trasmettere ai miei giocatori. Voglio trasmettere loro il rispetto, la dignità. Se una cosa del genere fosse accaduta a Milano a Kakà e Ronaldinho sarebbe successo il finimondo. Succede a Brunner e Radi e quasi non se ne parla. Ma questi, prima di essere giocatori, sono uomini».
Non è la prima volta che la sua squadra ha problemi con i tifosi.
«È stata una escalation. Dopo la partita con il Potenza ci hanno tenuto dentro lo spogliatoi due ore. Ci hanno minacciato pesantemente, ma poi tutto è finito. Dopo la partita con la Pistoiese la stessa storia. Siamo rimasti chiusi terrorizzati senza sapere cosa fare. Ci hanno lasciato andare via solo dopo che il presidente ha acconsentito a far salire due ultrà sul pullman che ce ne hanno dette di tutti i colori, minacciandoci e insultandoci. Tutto questo è accaduto sotto lo sguardo della polizia che ha sentito tutto, ha visto tutto, ma non è intervenuta. Siamo andati in ritiro per cercare un po' di tranquillità, ma non è servito a niente. Tutto questo avviene quando giochiamo in casa perché i nostri tifosi sono segnalati e non possono fare le trasferte».
Quanto c' entra con questa violenza il fatto puramente sportivo?
«Credo poco o niente. Questa gente vede l' allenatore e i calciatori come dei nemici, come dei mercenari, come gente che pensa solo ai soldi. E allora io rinuncio ai soldi, ma alzo la voce perché tutti sappiano. E per sentirmi a posto con la mia coscienza e conservare ancora la mia dignità».
Quello che lei disegna sembra uno scenario infernale.
«In effetti è un inferno perché in queste categorie minori non ci sono riflettori puntati, non c' è il controllo che ci può essere nelle altre serie, non c' è la stessa visibilità. Così molti episodi passano in silenzio ed è più facile fare casino. Siamo in balia di questa gente»

sabato 6 dicembre 2008

Osvaldo Bagnoli: il mago della porta accanto


Articolo pubblicato per gentile concessione del sito Storie di Calcio




Di lui non si può dire che sia stato un innovatore tattico o un roboante condottiero di uomini.
Eppure pochi come Osvaldo Bagnoli hanno saputo sottolineare con gli esiti del proprio lavoro l'importanza dell'allenatore.
Smentire l'assioma che vorrebbe ininfluente il tecnico, senza la presenza di adeguati fuoriclasse. Il Verona 1984-85, ultimo intruso della storia all'esclusivo desco metropolitano dello scudetto, non conteneva fuoriclasse, ma un gruppo di buoni giocatori, nessuno dei quali, oltre quella parentesi, ha annoverato in carriera grandi conquiste da primattore. Eppure Osvaldo Bagnoli, con quel suo fare ammiccante e riservato, riuscì a portarlo allo scudetto, superando rivali che i fuoriclasse invece li avevano ben esposti in vetrina.

Osvaldo Bagnoli è stato un tecnico ruspante, ma nel senso migliore del termine. Niente a che vedere con certi abborracciati saperi calcistici di provincia. Piuttosto, la fedeltà alle umili origini portata come una medaglia al pari dell'etichetta vagamente ironica applicatagli all'epoca dei primi successi in Serie A: "il mago della Bovisa". Alla Bovisa, quartiere proletario di Milano, doveva i natali, e al sapore schietto degli anni giovanili, spesi a giocare a calcio con gli amici a piedi nudi sui prati, come in una vecchia canzone di Celen-tano, faceva risalire l'amore per il pallone. Figlio di operai, Osvaldo Bagnoli venne notato nell'Ausonia dal talent scout Malatesta, che lo portò al Milan. Era una mezzala di buona tecnica e dal tiro schioccante, ma il Milan dei Liedholm, Nordahl e Schiaffino non poteva riservargli che uno spazio ridotto, sufficiente tuttavia per la firma sotto lo scudetto del 1956-57. Il suo giro d'Italia lo portò tre stagioni a Verona, una all'Udinese, tre al Catanzaro, tre alla SpaL, una ancora all'Udinese prima della chiusura da libero, cinque stagioni di fila nel Verbania, in C, a far da chioccia a numerosi talenti.

Fu il direttore sportivo Carlo Pedroli, deus ex machina di quella formazione, a intuire in Bagnoli qualità di allenatore. Lo consigliò alla Solbiatese, stessa categoria, sicché non appena smessi i panni di giocatore l'uomo della Bovisa si ritrovò addosso quelli di tecnico. L'avventura si interruppe all'ottava di ritorno, quando mandò fuori dagli spogliatoi il presidente entrato nell'intervallo per consigliargli una mossa tattica. Poche ore dopo, Bagnoli assaporava il gusto acre del siluro, che sta alla carriera di allenatore più o meno come la pioggia al mese di marzo. In giro aveva lasciato qualche amico, come Pippo Marchioro, compagno di strada nel Milan e poi a Catanzaro, che lo chiamò come aiutante di campo nel Como, in Serie B. Qui Bagnoli si applicò anche ai giovani e con tanto entusiasmo da rifiutare l'anno dopo di seguire Marchioro al Cesena. Fu la svolta della carriera, perché quando il tecnico in prima, Beniamino Cancian, venne silurato dopo dodici giornate, i dirigenti lariani pensarono proprio a lui. Il Como era ormai spacciato e il nuovo tecnico non ne cambiò il destino, tuttavia i quindici punti in diciotto partite convinsero i dirigenti a insistere su di lui per la stagione successiva. Sesto posto in B, seguito l'anno dopo a Rimini da una salvezza col sapore della grande impresa.

Quando gli arrivò la chiamata del Fano, due categorie più sotto (C2), Osvaldo non ritenne di dover fare troppo il difficile. In fondo, il mestiere gli piaceva e non c'era bisogno di coltivare esagerate ambizioni per farlo bene. Invece a Fano inseri la presa diretta. Colse il primo posto e la C1, guadagnandosi il ritorno in B, a Cesena, dove prima sfiorò e poi mise a segno il salto in A. Stava diventando uno specialista e come tale lo assunse il Verona, che puntava giusto alla promozione in A. Formidabile motivatore di uomini, sapeva di ognuno quale tasto toccare per spingerlo verso il meglio. Di solito le sue squadre partivano piano, per poi carburare grazie ai suoi meticolosi ritocchi e chiudere alla grande.
Il Verona volò in Serie A e qui confezionò una stagione monstre, conquistando il quarto poston e mancando la Coppa Italia d'un soffio, dopo aver battuto la Juventus nella finale d'andata.
Era un Verona coraggioso, illuminato dalla classe di Dirceu e dalla larghezza di vedute del tecnico: che il fantasista brasiliano se l'era ritrovato in rosa senza averlo chiesto e poi vi aveva modellato il volto dell'attacco, rinunciando a una punta a fianco di Penzo, per favorirne gli inserimenti offensivi. Soprattutto, però, era la squadra dei grandi risorti.

Personaggi gettati nel cestino della mediocrità dai club di provenienza e rivitalizzati fino a misure da campioni dal maestro di panchina. Il lavoro di cesello dell'artigiano Bagnoli produceva capolavori: il mediano Volpati, approdato a Verona credendosi a fine carriera e poi per sei anni tra i più continui difensori della squadra; il terzino Luciano Marangon, alfine compiuto come incursore mancino dopo le promesse nel vivaio della Juventus; il portiere Garella, trasformatosi da sgangherato collezionista di papere in funambolico acrobata; il tornante Fanna, fiore mai del tutto sbocciato nella Juve, risorto come imperiale fantasista delle corsie laterali; il regista Di Gennaro, promessa mancata della Fiorentina; il libero Tricella, scaricato dall'Inter. In pratica, il Verona aveva avuto un solo straniero, Dirceu, dato che l'altro, lo stopper polacco Zmuda, si era subito sfasciato finendo in infermeria. Nell'estate del 1983 il tecnico approvò la politica del club, che non aveva soldi da spendere: cessione degli elementi più pregiati, Dirceu al Napoli, Penzo alla Juventus, Oddi alla Roma, e nuova infornata di elementi da riciclare. Lo stopper Silvano Fontolan, gran colpitore di testa (fratello maggiore dell'attaccante Davide), il ventenne attaccante tascabile Galderisi, funambolo dell'area di rigore finito a immalinconire tra le riserve della Juve dopo gli exploit iniziali, e il centrocampista Bruni, scartato dalla Fiorentina. Il Verona debuttò in Coppa Uefa e visse una nuova stagione da guastafeste delle grandi, finendo al sesto posto.

A quel punto, furono sufficienti due mosse per chiudere il mosaico. Nell'estate del 1984, mentre approdava in Italia Diego Maradona, il Verona si affidava a due stranieri di fascia medio bassa.
Hans-Peter Briegel, gigantesca statua a rotelle, nella Nazionale tedesca agli Europei come difensore puro aveva impressionato solo per la forza fisica; l'attaccante danese Preben Larsen-Elkjaer, meglio conosciuto solo con il secondo dei due cognomi, quello della madre, aveva ben figurato nella rassegna continentale, ma si proponeva come un'incognita. Partito per il solito onorevole campionato di rincalzo alle grandi, il Verona restava in testa dalla prima all'ultima giornata, macinando un calcio vigoroso e spettacolare.
Bagnoli trasformava Volpati in terzino marcatore, faceva di Briegel un mediano incursore di devastante efficacia e in avanti combinava l'agile potenza di Elkjaer ai guizzi del piccolo Galderisi.

La Juve di Platini uscì presto dal giro, l'Inter di Rummenigge duellò a lungo invano, il Torino col suo rush finale conquistò solo il secondo posto. In un panorama ricco di stelle, lo scudetto del Verona rappresentava il premio all'umiltà e alla forza creativa dell'allenatore.
Che spiegava così la propria filosofia tattica: «Il calcio è un gioco semplice, non sono indispensabili astruserie come la zona o il pressing. L'importante è avere la fortuna di trovare gli uomini giusti per metterli poi nei posti giusti; lasciandoli liberi di esprimersi».
La simbiosi tra la città e il tecnico, ormai da tempo stabilitovisi con la famiglia, non poteva essere più completa.
Nella festa dello scudetto, facevano furore gli "Osvaldini", piccoli bulldog di terracotta con la divisa del Verona, omaggio alla ruvida bonomia di un uomo capace con la sua semplicità di conquistare tutti.
Ai complimenti, reagiva con semplici alzate di spalle. Per il trionfo, riusciva a stirare appena un lieve sorriso. Parlava con gli occhi, più che con la bocca.

Quando il campione del mondo Bearzot confessò che il modulo della Nazionale si riconosceva in quello del Verona, il mago della Bovisa si schermì: «Io Bearzot non lo conosco tanto, avrei bisogno di andare a cena con lui. Non so che carattere abbia, mi è difficile spiegare paragoni del genere».
Non era posa, come il tempo avrebbe poi confermato, ma la sincerità di un uomo con il terrore delle esagerazioni. Forse anche per questo il suo Verona non uscì più dalle righe, subito eliminato dalla Juve in Coppa dei Campioni (soprattutto per le nefandezze dell'arbitro Wurz), ma pure al riparo dal rischio di crolli repentini così facile per le provinciali salite all'improvviso sul tetto della gloria.
Altre quattro stagioni, quasi sempre di buona levatura, Bagnoli trascorse alla guida del Verona, prima che una grave crisi sfaldasse le basi finanziarie del club. Nell'estate del 1989 l'ombra del fallimento si allungò sulla società. Venne compicciata in extremis alla bell'e meglio una rosa di giocatori, grazie soprattutto a prestiti di altri club, con la destinazione della retrocessione già segnata sul foglio di partenza.
Bagnoli avrebbe potuto astenersi, ascoltando le sirene che dà più d'una piazza importante cantavano per lui. Ma preferì vivere fino in fondo la parabola della squadra, che alla fine retrocesse, ma all'ultimo tuffo e dopo aver sfiorato il miracolo.
Il distacco da Verona non fu facile. Bagnoli avrebbe voluto restare per edificare la risalita, ma la nuova dirigenza gli diede il benservito. Lo chiamò a Genova Aldo Spinelli, avendone in cambio in pochi mesi un capolavoro.

Pur senza ingaggiare grandi nomi, grazie a Bagnoli il Genoa riebbe dopo anni una fisionomia tecnico tattica solida e spettacolare.
Con la difesa imperniata sul libero Signorini, il centrocampo affidato alle geometrie di Bortolazzi e alle incursioni di fascia di Eranio e Ruotolo da una parte e Branco dall'altra, con l'attacco micidiale del gigante Skuhravy complementare al piccolo e guizzante Aguilera, i rossoblu si piazzarono a uno storico quarto posto, anticamera della prima, storica partecipazione alla Coppa Uefa. Ancora una volta, dietro il consueto pudico ritegno teso a minimizzare le teorizzazioni per esaltare la qualità dei giocatori, c'era un disegno tattico preciso, evoluzione di quello dei felici tempi veronesi.

Il modulo misto già esaltato da Bearzot veniva orientato al pieno sfruttamento delle caratteristiche degli uomini a disposizione: la difesa contava su un libero fisso, Signorini, e due marcatori spesso a zona, Torrente e Caricola, così da consentire ampia possibilità ai due terzini, Eranio a destra e Branco a sinistra, di diventare laterali a tutti gli effetti aggiungendosi ai tre uomini di centrocampo, l'esterno Ruotolo e i due registi Bortolazzi e Onorati. Era il 5-3-2.
L'anno dopo, la cavalcata in Europa assunse toni epici, ben sintetizzati dalla vittoria sul Liverpool nella tana di Anfield Road, per arrestarsi solo in semifinale di fronte allo strapotere dell'Ajax di Bergkamp e Litmanen destinato al successo finale. I tempi del mago della Bovisa erano maturi per il grande club metropolitano. Impossibile pensare che la sua carriera, a un passo dalla vetta, fosse a due dal chiudersi. Bagnoli tornò nella sua Milano, ma dalla parte nerazzurra, fermamente voluto da Pellegrini nell'estate del 1992.

Il compito, tutt'altro che semplice, era ricostruire sulle macerie lasciate dalla rivoluzione fallita di Orrico. Le premesse per il caos, secondo tradizione nerazzurra, non mancavano: quattro stranieri (Shalimov, Sammer, Pancev, Sosa), mentre il regolamento ne consentiva solo tre. Quattro primedonne poco disponibili ad arrugginire in tribuna. Pancev dopo la prima esclusione non si riprese più, Sammer addirittura a fine anno se ne tornò in Germania. Lui, Bagnoli, continuava a forzare i soliti imbarazzati sorrisi e a lavorare al tornio da artigiano, mentre sull'altra sponda il Milan di Capello radeva al suolo la concorrenza con la spavalderia del rullo compressore.
Ancora una volta, a una partenza in sordina fece seguito una crescita costante e inarrestabile, come il lavoro di rifinitura di Bagnoli prese a produrre frutti. In sette giornate, lo svantaggio dai rossoneri scese da undici a quattro punti (allora la vittoria ne concedeva solo due), rendendo decisivo lo scontro diretto, chiuso in un pareggio.
L'Inter dovette accontentarsi della seconda piazza, un bel trampolino per la stagione successiva.
Ma le basi appena gettate già saltavano in aria per il blitz di metà febbraio, con cui Pellegrini era riuscito a ingaggiare a suon di miliardi il conteso olandese Bergkamp assieme al regista Jonk, inserito nel pacco dai mercanti dell'Ajax. Bagnoli aveva trasformato Ruben Sosa in un micidiale cacciatore di gol, ma alla refrattarietà di Bergkamp ad ambientarsi in Italia dovette arrendersi.
Offrì di malavoglia spazio all'altro tulipano dalla difficile pronuncia («il Gionc», lo chiamava) e a febbraio, con la squadra al sesto posto, venne cacciato da Pellegrini.

Quanto fosse lungimirante quella scelta, seppure a fronte di risultati sotto le attese, lo avrebbero dimostrato i rischi di retrocessione corsi dal suo successore, Giampiero Marini. Ma quella porta in faccia gli suonò come uno schiaffo insopportabile. «Via, si dimetta» gli aveva chiesto Pellegrini. «No, si vergogni» aveva risposto lui. Per chiudersi poi in un ostinato mutismo, mai più interrotto se non per frugali risposti dal suo esilio dorato.

Senza polemiche, senza rancori, con la serenità dei nervi distesi: «L'Inter mi ha mandato in pensione in anticipo, ma non voglio darle troppe colpe. Ero ben predisposto.
I primi mesi da esonerato mi dimostrarono che stavo bene anche senza il calcio attivo: stare in campo mi piaceva, ma non sopportavo più il contorno».
E se qualcuno ancora oggi bussa alla sua ruvida scorza di milanese amabile dalla sincerità scontrosa, ripete:
«Io sono un uomo fortunato, perché ho giocato a pallone e ho potuto mettere da parte qualcosina. Se io oggi sono un pensionato sereno, lo devo al calcio. La mia vita è stata molto impegnata e, se tornassi indietro, forse cercherei di trovare qualche spiraglio per il tempo libero. Oggi che di tempo ne ho, capisco quanto è importante.
Ma non parlatemi di sacrifici, per favore. I sacrifici, quelli veri, li fanno gli operai».

giovedì 4 dicembre 2008

Stadi d’Italia


Autore: Sandro Solinas

Ci possono essere molte ragioni per cominciare a scrivere un libro, generalmente però si tratta di possedere un minimo di ispirazione ed un numero sufficiente - si spera - di cose da dire. Questo libro nasce tuttavia da un motivo assai più semplice e forse banale, diciamo che sostanzialmente cominciavo ad essere stufo di aspettare che lo scrivesse qualcun altro. Proprio così, mi pareva impossibile che in terra d’Italia nessuno ancora si fosse occupato di raccontare la storia delle nuove arene che, come i circhi e gli anfiteatri nell’antichità classica, sono ancora oggi i luoghi urbani deputati ad ospitare gli spettacoli sportivi e le manifestazioni di massa. Se la forma architettonica delle strutture è variata poco o nulla, lo spettacolo – ahimè spesso indegno – si è avvicinato poco per volta agli spalti finendo addirittura per riscrivere in parte le regole del gioco. Non ho inteso affrontare in questo contesto il complesso discorso del tifo organizzato che popola in maniera colorata e spettacolare curve e gradinate degli stadi italiani, né in ogni caso avrei potuto farlo non avendo un’adeguata conoscenza del fenomeno. Resterebbe altresì deluso chi volesse ricercare tra queste pagine una dettagliata descrizione delle strutture dal punto di vista architettonico. Ben pochi sono gli stadi degni di nota sotto questo profilo, pochissimi quelli costruiti nel Dopoguerra, e comunque fortunatamente esiste già una vasta letteratura in materia. Ho cercato invece di sottolineare il lato storico e quello sportivo di ciascun impianto visitato, senza alcuna pretesa di aver esaurito l’argomento che, in altre nazioni, gode di ben altra considerazione con regolari e riuscitissime pubblicazioni. Del resto, sono proprio gli stadi italiani a non lasciarsi amare, avviliti tra poco eleganti tribune in tubi metallici e poco confortevoli soluzioni architettoniche figlie di discutibili ristrutturazioni ripetutesi nel tempo. Niente atmosfera, poca identità e anche una buona dose di sfortuna se è vero che gran parte degli impianti costruiti negli ultimi anni ha coinciso con sconcertanti debacle sportive delle squadre che ospitano, a cominciare dall’unica società professionistica proprietaria di uno stadio in Italia, la Reggiana. Spero semmai di aver contribuito con questo libro a restituire un briciolo di dignità e rispetto agli stadi delle nostre città, alcuni rimossi o scivolati nell’oblio, altri ricchi di storia e prestigio, tutti indistintamente testimoni di gioie e dolori di intere generazioni di italiani. La scelta degli stadi visitati o qui trattati non ha seguito una particolare logica; se da un lato ho cercato - per quanto possibile e non senza dolorose rinunce - di attenermi ai principali stadi che hanno ospitato negli ultimi anni il calcio professionistico, dall’altro mi sono permesso di includere qualche impianto momentaneamente fuori del giro o comunque degno di attenzione. In qualche caso, poi, si può dire che la fama raggiunta dallo stadio - e penso soprattutto a Viareggio, Rieti e Marsala - sia più meritata di quella ottenuta dalle rispettiva squadre, almeno negli ultimi anni. Sicuramente mille altre città e mille altri stadi avrebbero avuto tutte le carte in regola per figurare nel testo, nessuno me ne voglia per questo. Vorrei ricordare e ringraziare Vincenzo Paliotto che, oltre ad aver contribuito efficacemente, ha per primo creduto nel mio progetto sostenendomi incessantemente fin dal principio. E poi gli amici Giancarlo Filiani, Gabriele Orlando, Fabrizio Pugi e Luigi Venturi che con le loro foto e i loro stupefacenti archivi personali, hanno saputo illustrare meglio di chiunque altro la storia dei nostri stadi. A loro va un grosso grazie da parte di quanti, come me, sono rimasti legati al calcio di ieri e l’altrieri. Per ultimo, desidero ringraziare i signori Marco Van Basten, Roberto Baggio e Paolo Di Canio per avermi riportato a seguire una gara allo stadio dopo tanto tempo, ricordandomi di guardare ogni tanto anche sul campo di gioco.
L’Autore
Sandro Solinas (Pisa, 1968) si è laureato a Roma in Economia e Commercio con una vergognosa tesi sul celebre caso del calciatore Bosman; ha prontamente rimediato cominciando ad interessarsi voracemente di Storia Medievale, Letteratura del Fantastico ed altri temi assai più nobili. Dopo aver girato (più in lungo che in largo) l’Italia, negli anni Novanta si è trasferito per due anni in Irlanda, avvicinandosi pericolosamente al modesto campionato locale di calcio. Della trasferta gaelica rimane oggi solamente il sito web Into The West, vero oggetto di culto della sparuta ma agguerrita tifoseria del Galway United, ed una bandiera italiana donata alla squadra e tuttora religiosamente conservata nella club house di Terryland Park. La passione per la storia degli stadi di calcio sembra essere recente, ma più d’uno sostiene di ricordare Solinas ancora bambino fissare tribuna e gradinate dell’Arena Garibaldi mentre Pisa e Livorno se le davano di santa ragione sul campo. Tifoso distratto, reo confesso di aver cambiato più volte squadra, oggi Solinas si interessa di storie e personaggi minori del gioco del calcio, anzi del pallone come si ostina tuttora a chiamarlo rivelando impietosi limiti di maturità. Va detto, peraltro, che nonostante le quaranta primavere continua onorevolmente la propria carriera calcistica di cui sta spendendo gli ultimi spiccioli sui campi dell’oratorio. Anche qui, tuttavia, si è trovato spesso fuori dagli schemi, troppo tecnico per fare il mediano, troppo ruvido per giocare da regista. Sposato con Monika, Solinas vive da qualche anno a Vicenza e collabora saltuariamente con varie testate sportive in rete, tenendosi a debita distanza da snervanti blog e chat. (Fonte: Web Site Bonanno)
Casa editrice: Bonanno
Roma - via Torino, 150
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Tel. 095.601984
Fax. 095.9892305

Novembre 2008: 18 cambi di guida tecnica

Aek Atene, Bajevic è il nuovo tecnico | 24.11.2008 - All. Super League Greece (GRE)
Arleo torna al Potenza | 19.11.2008 - All. Lega Pro - 1^ Divisione Gir. B
QPR, Paulo Sousa è il nuovo tecnico | 19.11.2008 - All. Football L. Championship (ING)
Sanderra al Barletta | 19.11.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. C
Benevento, Soda nuovo allenatore | 19.11.2008 - All. Lega Pro - 1^ Divisione Gir. B
Alghero, esonerato Giorico. Arriva Corda | 18.11.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir.A
Potenza, esonerato Gautieri | 17.11.2008 - All. Lega Pro - 1^ Divisione Gir. B
Germinal Beerchoot, Anthuenis in panchina | 17.11.2008 - All. Juliper League (BEL)
Patania nuovo tecnico del Cassino | 13.11.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. C
Panionios, esonerato Lienen | 13.11.2008 - All. Super League Greece (GRE)
Il Südtirol esonera D'Angelo e chiama Alessandrini | 13.11.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. A
Maurizio D'Angelo non è più il tecnico del Südtirol. Al suo posto il club altoatesino ha nominato il 54enne Marco Alessandrini, lo scorso anno sulla panchina del Gubbio. (Fonte: TMW)
Perrin nuovo tecnico del Saint Etienne | 11.11.2008 - All. Ligue 1 (FRA)
Venezia, Cuoghi nuovo allenatore | 11.11.2008 - All. Lega Pro - 1^ Divisione Gir. A
Il Vaduz esonera Hermann e chiama Littbarski | 05.11.2008 - Super League (SVI)
Ternana, Baldassarri nuovo allenatore | 05.11.2008 - Lega Pro - 1^ Divisione Gir. B
Foligno, è Indiani il nuovo allenatore | 05.11.2008 - Lega Pro - 1^ Divisione Gir. B
Di Carlo nuovo allenatore del Chievo | 04.11.2008 - Serie A (ITA)
Mihajlovic al Bologna | 03.11. 2008 - Serie A (ITA)

domenica 23 novembre 2008

La partita di Cesare. Prandelli, il calcio a misura d'uomo


Autori: Bucciantini Marco Prizio Stefano
Editore: Limina
Genere: arti ricreative. spettacolo. sport
Pagine: X-166
Data pubblicazione: 2008
Prezzo: € 16,00

Descrizione
Cesare Prandelli è in campo. Il calcio è il mestiere, la vita che ha scelto di fare. Che ama. In amore si da. Con il cuore bisogna costruirsi e proteggere un posto migliore. Chi ama questo sport dovrebbe farlo. E l'istinto più naturale, quello di conservazione, di sopravvivenza. Questo libro si è messo accanto a Prandelli, alla sua eccezionale normalità. Alla sua terra, alla sua gente. Questo è un libro d'amore per la Fiorentina, perché siamo vestiti del nostro tifo e dei nostri sentimenti. "Si è tifosi della propria squadra perché si è tifosi della propria vita". Questo è Giovanni Raboni, poeta emiliano. Ancora calcio, e ancora vita.

sabato 15 novembre 2008

Fair Play ... "Arbitro, non è gol". E il ragazzino albanese commuove il pubblico


Categoria Allievi: Vigonza contro Borgoricco.
La rete, l’ammissione, gli applausi.

Articolo pubblicato da "Il Mattino di Padova" da Marianna Pagliarin.

VIGONZA. Pubblico in piedi e un lungo applauso, persino un briciolo di commozione. E lui, il ragazzino albanese che sorride, e fa un piccolo cenno di ringraziamento. Dai ragazzi c’è da imparare.
Parliamo di un episodio accaduto domenica scorsa sul campo parrocchiale di Codiverno. Vigonza-Borgoricco, categoria Allievi (sedicenni). E’ il 20’ del primo tempo, gli ospiti sono già in vantaggio. Un lungo lancio di Filippo Dandolo giunge a Orjad Verjoni che, dal fondo, serve al centro Davide Tramarin. Palla in rete, l’arbitro fischia il gol e si dirige verso metà campo. Ma il giovane albanese corre verso il direttore di gara, lo raggiunge. Il pubblico vede i due parlottare. E poi l’arbitro dare la mano al ragazzo. E annullare il gol!
E’ successo semplicemente che Orjad ha detto all’arbitro che il pallone era già uscito sul fondo al momento del suo passaggio prima del gol. Il pubblico, per la verità, ci ha messo un po’ a capire cosa accadeva, ma poi è scattato un grande applauso.
«Tutti si sono complimentati con me, anche l’allenatore dei nostri avversari», dice adesso Orjad, da sette anni in Italia e da tre nella squadra giovanile del Borgoricco, paese dove vive con i genitori. E aggiunge: «Sono contento, ma quello che ho fatto l’ho fatto senza pensarci, mi è venuto normale dire la verità. Comunque abbiamo vinto la partita e ho fatto anche due gol!».
Gianni Vecchiato, dirigente della società in cui giochi, il Borgoricco, dice che sei molto amato nel gruppo e sei diventato un trascinatore della squadra. Vero?
Sì, mi trovo molto bene con i miei compagni, gioco qui da tre anni e ho un bellissimo rapporto con tutti. Il signor Vecchiato ha molta stima in me e lo ringrazio. Poco tempo fa mi ha chiesto se ero interessato ad aiutare ad allenare i bambini dei Primi Calci. Mi piacerebbe tantissimo, ma finchè vado a scuola non ho molto tempo.
A proposito di scuola, cosa studi e cosa sogni per il tuo futuro?
Frequento una scuola per geometri a Mirano, in provincia di Venezia, e spero di diplomarmi con il massimo dei voti e diventare un buon geometra, ma soprattutto di essere una brava persona.
Nel calcio sei già di esempio per molti dopo il bel gesto di domenica.
Ho fatto quello che mi sentivo di fare, senza pensarci. Era la cosa giusta. Mi hanno insegnato il rispetto per gli altri, sia in famiglia, sia in squadra. E anzi vorrei ringraziare la società del Borgoricco che crede in me e crede anche nel mio sogno...
Il sogno è di fare il calciatore, per caso?
Eh sì! Sarà banale e comune, ma è il mio grande sogno.
Nel calcio ci sono tanti campioni che vengono presi come esempio dai più giovani. Hai un modello di riferimento?
Sì, certo, stimo moltissimo Del Piero e Kakà, li trovo spettacolari! Però io sono interista...
(E nel fair play questo piccolo campione ha dato tutti una bella lezione).

giovedì 13 novembre 2008

All'arbitro 5 anni di squalifica.


Delibera senza precedenti della Commissione Disciplinare

Si riporta integralmente la delibera pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 17 del 13 novembre 2008 dal Comitato Regionale Sardegna

La Procura Federale della F.I.G.C. ha deferito a questa Commissione Disciplinare i signori M. D. e S. S., entrambi tesserati appartenenti al Comitato Regionale Arbitri della Sardegna, per rispondere:
1) il M. delle violazioni di cui agli artt. 1 commi 1° e 3° e 2 comma 1° del Codice di Giustizia Sportiva e all’art. 40 commi 1° e 3° lett. a) e c) del Regolamento A.I.A., per avere, nel corso del campionato 2007/08, gestito in modo scorretto il software “Sinfonia” (programma di inserimento delle richieste di rimborsi arbitrali), inserendo richieste di rimborsi in relazione a partite di campionato non disputate e per avere incassato parte dei relativi rimborsi spese attribuiti ingiustificatamente a S. S.; nonché per avere omesso di presentarsi davanti alla Sezione A.I.A di Nuoro in data 7.5.08., benché ritualmente convocato dalla Procura Federale;
2) il S. delle violazioni di cui agli artt. 1 commi 1° e 2 comma 1° del Codice di Giustizia Sportiva e all’art. 40 commi 1° e 3° lett. a) e c) del Regolamento A.I.A., per avere, nel corso del campionato 2007/08, grazie ad una gestione scorretta del software “Sinfonia” da parte di M. D., ottenuto indebiti rimborsi in relazione a partite di campionato non disputate.
Afferma la Procura Federale che, da una verifica di tutte le partite dei campionati 2007/08 giovanissimi, allievi, juniores e terza categoria, inserite nel software in uso presso la Sezione A.I.A. di Nuoro ai fini dell’ottenimento dei rimborsi arbitrali, sono emerse irregolari imputazioni in ordine a ventidue gare; in particolare l’analisi dei dati acquisiti ha evidenziato l’inserimento nel programma di tredici partite della società Orunese, nonostante che fossero state annullate a seguito della cancellazione della squadra dal calendario del campionato giovanissimi all’inizio della stagione, ed inoltre, per le restanti nove gare, l’indicazione in qualità di beneficiari di arbitri diversi da quelli che le avevano dirette.
Osserva la Procura Federale che l’unico effettivo beneficiato dalle irregolarità risulta essere S. S., in quanto altri arbitri coinvolti, pur avendo percepito somme per partite non giocate, viceversa non hanno incassato i dovuti compensi per altre partite da loro effettivamente dirette.
Il S., nel corso delle indagini, ha ammesso di essere consapevole degli indebiti rimborsi arbitrali percepiti e ha dichiarato in proposito di essere stato contattato dal più anziano collega M. D., che gli aveva chiesto di prestarsi a ricevere rimborsi per importi superiori al dovuto, salvo decurtare le differenze e consegnarle allo stesso M.; ha riferito di avere sempre portato gli assegni ricevuti all’incasso e consegnato effettivamente al collega le somme di denaro a lui non spettanti; ha precisato che, a detta del M., tale marchingegno era necessario per poter fare avere quanto dovuto ai nuovi arbitri che non avevano ancora ricevuto il codice meccanografico che abilitava al rimborso CED.
Il M. non ha reso dichiarazioni; infatti, benché convocato, non si è reso diligente.
In sede di giudizio, il rappresentante della Procura Federale ha chiesto di infliggere ad entrambi gli arbitri la sanzione dell’inibizione temporanea di cui all’art. 19 cc. 1° lett. h) e 3°, da quantificarsi in cinque anni per il M. e in quattro anni per il S..
Il M., in una memoria difensiva inviata a questa Commissione, ha ammesso i fatti a lui attribuiti, dichiarando, a sua discolpa, di avere elaborato il sistema che gli permetteva di intascare somme di denaro per gare non dirette, allo scopo di ricuperare i rimborsi chilometrici, che non gli erano mai stati pagati nonostante fossero dovuti, per tutte le volte che si era dovuto recare da Bosa a Nuoro per seguire il sistema computerizzato della Sezione A.I.A. di Nuoro.
La Commissione concorda integralmente con le conclusioni del rappresentante della Procura Federale.
Il fatto oggetto del presente giudizio è gravemente lesivo dei principi di lealtà, correttezza e probità ala cui osservanza sono tenuti tutti coloro che svolgono qualsiasi attività nell’ambito dell’ordinamento federale.
E’ particolarmente grave – e pertanto meritevole della sanzione richiesta nella misura massima prevista dal C.G.S. - il comportamento del M., che, con artifizi e raggiri e coinvolgendo nell’azione illecita altri tesserati, ha percepito somme di denaro a lui non dovute, fornendo in proposito, nella lettera inviata a questa Commissione, giustificazioni completamente risibili.
Meno grave, ma pur sempre fortemente censurabile e meritevole di adeguata sanzione, è il comportamento del S., a cui non può in alcun modo essere riconosciuta la buona fede, nonostante egli abbia agito non allo scopo di intascare indebiti compensi, ma solo a titolo di collaborazione con il M.; egli infatti non poteva non rendersi conto che, qualunque fosse la ragione degli artifizi effettuati dal collega addetto al software, in ogni caso fosse contrario ai doveri di lealtà, correttezza e probità accettare l’emissione a suo favore di assegni comprendenti somme di denaro a lui non spettanti.
Per questi motivi, la Commissione DELIBERA di dichiarare i soggetti deferiti responsabili per i fatti loro ascritti e di infliggere ai medesimi la sanzione dell’inibizione temporanea a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a M. D. per la durata di anni cinque e a S. S. per la durata di anni quattro.

martedì 11 novembre 2008

Re lite Sconcerti - Mourinho: Sky, ti sorprende sempre


Giornalismo sportivo, nuovo, dinamico, non urlato.
Noi che siamo cresciuti con Biscardi o con le interviste possibili di Amedeo Goria ed i con commenti tecnici di Fulvio Collovati, vedere lo sport su Sky (pagato profumatamente) era ed è un piacere.
Vuoi mettere la voce ed il contagioso trasporto di Fabio Caressa con il soporifero commento del pur bravo Bruno Pizzul o le a volte parziali, ma precise disamine tecniche di Bebbe Bergomi con quelle di Sandro Mazzola?
E poi, diciamola ancora tutta, in studio con Ilaria D’Amico l’occhio si prende la sua parte rispetto magari alla visione della pur brava Stella Bruno.
Ma il sapone c’è anche per Sky, eccome.
Mario Sconcerti, trent’anni di giornalismo ad alto livello, direttore, editorialista, commentatore, amante dei numeri e delle statistiche, domenica è scivolato (col sapone di cui sopra) e ha dato, a mio parere, una immagine che poco qualifica la professione per cui è pagato anche da me, abbonato Sky.
La domenica pomeriggio deve “fare il suo mestiere”, lo hanno messo apposta per dare numeri e fare domande intelligenti, cercare di dare in là per qualche polemica, metterci del sale insomma.
Tempo addietro ha fatto “imbarcare”un paio di volte il mite Spalletti, che talvolta stava per perdere la pazienza, ma stoicamente non lo ha mai mandato “affanculo”.
Ma il buon Luciano sa come funziona in Italia, anche dopo una brutta sconfitta bisogna presentarsi in sala stampa (perché da contratto bisogna farlo, dire due cosettine semplici, girare attorno al nulla, banalità a secchiate e poi la lucina rossa si spegne e a microfoni spenti a Sconcerti e simili li mandi pure a quel paese).
Ma il buon Mario, che pensa veramente di essere bravo, con stile da inviato FOX News, ha pestato due volte piedi a quelli dell’Inter, o meglio ai tecnici dell’Inter, Baresi e Mourinho.
Dopo una vittoria dei nerazzurri, ha trovato da dire a Beppe Baresi, in diretta, che “con tutto il rispetto per Lei, ma intervistare Mourinho è un’altra cosa …” Che eleganza.
La novità, non colta dal buon Mario, che il titolare della panchina considera il suo vice assolutamente all’altezza della situazione e se si è presentato in sala stampa vuol dire che ha un suo ruolo e può anche rispondere alle semplici e solite domande di un banale assoluto che fanno quasi tutti i giornalisti dalle h. 17 in poi (anche per giorni e giorni).
Beppe Baresi glielo ha fatto notare e Sconcerti, con volto arrossato e colto in evidente ambasce, gli ha detto testuale “Baresi mi faccia fare il mio mestiere”.
Surperfluo dire che anche Baresi voleva e vuole fare il suo mestiere e se stava in sala stampa era proprio per assolvere al suo compito.
Quindi, prima novità non colta dal mondo giornalistico: anche il collaboratore dell’Allenatore può presentarsi in sala stampa, rispondere e chiarire aspetti tecnici con pieno titolo e dignità. Veda signor Mourinho, in Italia noi eravamo abituati a vedere il “secondo” ai microfoni solamente perché il titolare era squalificato o malato. In un team che si rispetti, del quale lei ne risponde a pieno titolo, aver dato spazio e risalto ad un collaboratore con il quale divide tensioni, decisioni, gioie e amarezze, qua da noi non si usa.
Invece questa sua premura, normale da altre parti, noi l’abbiamo apprezzata molto. Il buon Sconcerti, evidentemente deve parlare solo con il “Titolare”. E dire che Baresi si è presentato in sala stampa dopo una vittoria …
Ma il “titolare” di quella panchina lo ha trovato domenica, dopo la vittoria con l’Udinese.
E qui Sconcerti ha preso uno scoglio, grosso, evidente. Che fosse in conflitto di interesse, lo sapeva anche Josè, che non glielo ha mandato a dire.
“Lei è amico di Mancini”.
Il buon Josè sa che Sconcerti, alla presidenza dell’allora malata Fiorentina, chiamò il Mancio in panchina (molte cene a Roma dai tempi in cui giocava con la Lazio avevano fatto sbocciare la tenera amicizia). Ma fin qui poco da dire. Solo che il giovane e rampante Mancini, era sprovvisto di patentino, quindi era allora un abusivo. Ma Sconcerti, bene addentrato nel Palazzo, aveva avuto modo di aggirare il problema, con tanti saluti all’AIAC Nazionale e agli Allenatori in regola ( che strano, la storia somiglia quasi a quella dei giorni nostri con il Bologna, ma almeno Sinisa ha l’abilitazione . . . o no?).
Sconcerti quando “fa il suo mestiere” può anche avere le sue simpatie, Mourinho ha notato prevenzione e giustamente le ha rimarcato che le cene servono per intrattenere buoni rapporti, ma con lui non ne fa perché non ne ha bisogno.
Dei ventisei tornei ai quali ha partecipato, lui ne ha vinti tredici.
Sicuramente stiamo incominciando a capire perchè in Inghilterra lo chiamavano “special one”, perchè è un allenatore moderno dal punto di vista televisivo e che non le manda certo a dire.
L’impressione è che per il momento l’Inter non stia giocando un grande calcio e che finchè i risultati sono dalla sua parte non gli si possa fare molte critiche. Lo spogliatoio dell’Inter ha fagocitato più allenatori di qualunque altra squadra negli ultimi anni. Anche con Mancini, la situazione non è mai stata del tutto tranquilla. Adesso c’è un allenatore che a volte può apparire spocchioso ma che ha dato delle regole ed è il primo a rispettarle. Si è guadagnato la fiducia dell’ambiente, dei giocatori e, scusate se è poco, sta portando i benedetti risultati. Cosa volete ancora? Telenovelas del tipo Adriano/Mancini? Eliminazioni a raffica dalla Champions?
In Italia, eravamo abituati a Terim, Lucescu, Cuper, Lazaroni, Tabarez, Perez, Carlos Bianchi. Questo è diverso, mi sembra che non abbassi la testa per fare carriera. Sconcerti lasci perdere gli antichi amori, o li consigli a qualche altra società, guardi almeno con stimolante curiosità a chi fa il suo mestiere in maniera diversa, nuova, almeno per noi. Apprezzi almeno la novità, non sia prevenuto. Chi va per mare, navigando a vista, deve mettere in conto che lo scoglio può prenderlo, prima o poi l’ora del fesso arriva per tutti. Caro Mario, ultimamente lei ha preso due scogli, ora puntelli la prora e si pari il sedere, il mare è pieno di insidie, anche per un consumato navigatore come lei. Noi la guardiamo su Sky e sappiamo. Meglio andare avanti non crede? Anche Mancini ha scritto un pezzo di storia importante nell'Inter, ma ora c'è Mourinho, malgrado a lei non stia bene. Con affetto e simpatia.


Fiorentino Pironti, Allenatore di Base UEFA B, membro AIAC Toscana, telespettatore pagante di Sky, sportivo.

La lezione di Mourinho alle vedove di Mancini

Editoriale di Xavier Jacobelli su Mister x

Non saremo mai abbastanza grati a Josè Mourinho per la ventata di aria nuova che sta portando nel football italiano. Sia perché l’allenatore dell’Inter ha il coraggio delle sue idee sia perché i risultati gli stanno dando ragione in campionato e in Champions League, sia perché prende a calci l’insopportabile ipocrisia, l’urticante supponenza, la malcelata presunzione con la quale alcune vedove di Mancini pretendono di spiegargli come va il mondo.

E’ accaduto anche dopo la sofferta quanto fondamentale vittoria dei campioni d’Italia sulla splendida Udinese, che li aveva fatti soffrire a San Siro sino al provvidenziale gol di Cruz. Da persona intelligente qual è, Mourinho ha preso atto degli sbandamenti difensivi costati ai nerazzurri 5 gol nei due precedenti incontri (2 dalla Reggina, 2 dall’Anorthosis) e, conscio della pericolosità friulana, è tornato al 4-3-3. Josè ha fatto la mossa giusta al momento giusto e ha vinto.

Tutto il resto è fuffa. E’ fuffa chi rimpiange Mancini, dimentico di averlo attaccato sino all’ultimo giorno della sua esperienza interista o perché sodale, amico, sponsor del marchigiano che non ha bisogno di badanti per costruirsi un altro futuro. E’ fuffa chi è convinto di essere più bravo di Mourinho al punto da ritenere che le variazioni tattiche adottate contro l’Udinese non siano frutto dell’intelligenza del tecnico, ma delle critiche che gli sono state mosse. E’ fuffa chi continua a guardarsi indietro, a paragonare il presente con il passato. Addirittura, in una delle tv davanti alle quali si è presentato con educazione e intelligenza, Josè si è sentito ricordare che Moratti cacciò Simoni nonostante fosse al vertice della classifica. Ma che cosa c’entra? Ma che razza di modo di ragionare è questo? Ma perché, in questo Paese, non si parla mai di fatti concreti e si cerca di buttarla sempre in caciara? La gelosia, l’invidia, la fustrazione sono avversari rognosi anche per un totem come Mourinho che, prima di arrivare a Milano, aveva vinto 13 dei 26 trofei in cui era sceso in lizza con i club che si erano affidati a lui. Eppure, il signore portoghese ha spalle larghe e determinazione feroce per imporsi anche in Italia. Dove tutti, piaccia o no, sino alla fine dovranno fare i conti con lui e con l’Inter.
Xavier Jacobelli

venerdì 7 novembre 2008

L’uomo e la macchina


Post pubblicato da “La Settimana Sportiva” e pubblicato dal Corriere dello Sport il 17 ottobre 2008

Spuntò all’improvviso alla terza di campionato: il Lecce contro il Siena, Mario Beretta contro il suo passato. Sul­le gambe di Massimiliano Canzi, invece, il futuro: il computer, oggetto familiare in sport come la pallavolo e la pallacane­stro, decisamente meno usuale nel cal­cio.
«Non sono un patito di computer, in linea di massima lo uso poco, però so che ci può dare una mano. Un mio collabora­tore, Massimiliano Canzi, con lo strumen­to, invece, ha una grande dimestichezza e tre anni fa cominciammo a usarlo ».
Mario Beretta racconta con pacatezza, con l’umiltà tipica dell’uomo una novità che altri, al suo posto, quelli che lucida­no la propria immagine con pazienza cer­tosina, avrebbero spacciato per la rivo­luzione del secolo. « Ma sia chiaro, in campo contro l’Udinese non ci va mica il computer e per fare risultato dovremo produrre una grande prestazione» , sotto­linea il tecnico, facendo sfoggio di reali­smo. Il computer fa parte della quotidianità. Nel calcio, però, lo si guarda con una cer­ta diffidenza. Forse perché il gioco stes­so si presta poco alle schematizzazioni e la variabile del tocco fantasioso e improv­viso, l’alito del genio, insomma, non può essere facilmente pianificato attraverso una raccolta di dati. Ma non ci si può nemmeno opporre allo spirito dei tempi, fermare a mani nude la macchina a vapo­re della tecnologia trionfante. Aiuta, il computer, anche se poi, come dice Beret­ta quel che conta «è il lavoro sul campo, il rapporto con i calciatori» . E aggiunge: «Io ho collaboratori estremamente reatti­vi ai richiami dell’innovazione. Un altro mio collaboratore, Carlo Garavaglia, ve­nerdì mattina tiene una seduta di tecni­ca pura. E una cosa come questa i com­puter non la possono fare. Si tratta sem­pre di innovazione, anche se in questo caso le macchine non c’entrano».
Per essere un tiepido amante della tec­nologia, Beretta è andato, però, piuttosto avanti. Il passo finale, il 21 settembre scorso, terza di campionato. Spiega: «An­che in questo caso la spinta è venuta dal mio collaboratore. Noi volevamo fare lo scouting, avevamo a disposizione un pro­gramma e così abbiamo deciso di prova­re. Durante il primo tempo, vengono rac­colti tutti i dati e nell’intervallo do un’oc­chiata » . E’ l’ultimo tassello della perso­nale evoluzione tecnologica del tecnico del Lecce. Una marcia, peraltro, non par­ticolarmente lunga. La racconta, in po­che battute: «Abbiamo cominciato tre an­ni fa. Montavamo su dvd momenti signi­ficativi delle nostre partite e di quelle dei nostri avversari. Dieci, tredici minuti. E questo è stato il primo passo». Inevitabi­le il secondo: «Dalle fasi di gioco, siamo passati al montaggio di immagini utili per illustrare le caratteristiche degli av­versari, attaccanti, centrocampisti, difen­sori, portiere». Andando avanti le tecniche si sono af­finate: «Prima mettevamo tutto su dvd. Adesso abbiamo consegnato ai giocatori una chiavetta usb e loro si vedono tutto a casa» . L’ultimo passo Beretta lo ha fatto poche settimane fa: lo scouting e l’uso in tempo reale del computer. Ma non vuole enfatizzare la scelta: «Si tratta di un sup­porto perché, poi, la sostanza è data dal­l’esperienza, dalle emozioni, dal lavoro sul campo. E’ uno strumento che aggiun­ge qualcosa. D’altro canto, il computer lo usa anche il mio preparatore atletico, ad esempio per scaricare i dati dei cardio­frequenzimetri satellitari, per immagaz­zinare i dati utili alla programmazione dell’attività fisico- atletica » . Tutto sem­plice, tutto normale. Eppure nel calcio il computer continua a far notizia, al con­trario di quel che avviene nella pallavo­lo, dove si usa da anni e dove un signore che risponde al nome di Julio Velasco di­chiarava già negli anni Ottanta la sua « euforia » per le enormi possibilità del mezzo: «Ma in quelle discipline le opera­zioni di scouting sono più semplici».

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«Mi ricordo che i ragazzi ci guardavano increduli, sembravamo apprendisti stre­goni. Ora nel calcio ha fatto ir­ruzione la generazione della play station e chi usa il com­puter per migliorare le presta­zioni non viene più visto come un alieno » . Adriano Bacconi è stato tra i primi in Italia a sco­prire la forza dell’informatica applicata al pallone. All’epoca, inizi anni Novanta, quella sem­brava essere roba per sport co­me la pallacanestro o la palla­volo.
« Sia chiaro, non è che il calcio è più indietro rispetto a quelle discipline. Ma basket e pallavolo sono sport più sche­matici e il perfezionamento degli schemi dipende dalla quantità di informazioni che riesce a immagazzinare ed elaborare. Nel calcio le cose sono un po’ più complicate perché subentrano altre varia­bili ».
Lui, Bacconi, il computer lo ha portato in Nazionale. Trion­falmente, per giunta, visto che ha collaborato con Marcello Lippi in occasione del Mondia­le del ’ 96. « Ma non lavorava­mo in tempo reale » , precisa. Con l’aiuto della Federazione era stato messo in piedi un im­pianto satellitare che consen­tiva di seguire tutte le partite. Veniva immagazzinata una quantità enorme di dati e at­traverso un software venivano passate al microscopio le azio­ni e le caratteristiche dei gio­catori.
«Lippi utilizzava questo materiale prima e dopo la par­tita ». La tecnologia serviva per preparare la strategia e per correggere gli eventuali errori dopo averne preso atto anche in maniera visiva. Eppure la sfida dell’uso in tempo reale ( un dato acquisi­to, ad esempio, nella pallavo-l­o), Bacconi in Nazionale provò a vincerla con Arrigo Sacchi. Praticamente, preistoria. L’Ar­rigo, si sa, era uno che precor­reva i tempi, anche andando oltre il perfezionamento delle tecnologie. Racconta Bacconi: «Era il ’94, incombeva il Mon­diale americano. E in alcune amichevoli sperimentammo un meccanismo all’epoca com­plicato. Varrella e io attraver­so un software facevamo lo scout della partita. Sacchi, in comunicazione con noi dalla panchina, ci diceva cosa gli in­teressava rivedere alla fine del primo tempo. Noi tiravamo fuori tutti i dati e glieli conse­gnavamo nello spogliatoio. I giocatori ci guardavano incre­duli. Alla fine rinunciammo a proporre la sperimentazione durante Usa ’94: la tecnologia non era perfetta, si rischiava­no ” buchi” a livello di comuni­cazione tra la panchina e noi».
Da « tecnico » del settore, Bacconi invita al realismo. E spiega: « L’informatica è uno strumento straordinario e può avere applicazioni che vanno abbondantemente al di là del­le applicazioni sin qui normal­mente compiute. Però, la diffe­renza non è nel software ma è nel metodo scientifico. Perché il rischio è costituito da un uso improprio dello strumento: al­cuni utilizzano la tecnologia senza credervi realmente, solo perché migliora l’immagine, la caratterizza con tratti di mo­dernità. Un allenatore che, in­vece, usa questi strumenti con metodo è Rafa Benitez: lui è uno che ha puntato sullo stu­dio, sulle risorse che derivano dalla conoscenza, sul confron­to con la tecnologia. Però ci so­no in Italia tecnici meno cono­sciuti, che lavorano in realtà periferiche, semmai con pove­re risorse finanziarie che han­no puntato sull’innovazione. Un nome? Aldo Dolcetti, alle­natore della Spal, in C2. Mi sembra che questa scommes­sa gli stia dando ragione an­che dal punto di vista dei risul­tati ».

giovedì 6 novembre 2008

Ottobre 2008: 27 cambi di guida tecnica


Linz, Lindenberger nuovo tecnico | 29.10. 2008 - T - Mobile Bundesliga (AUS)
La Pistoiese esonera Miggiano e chiama Polverino | 29.10. 2008 - All. Lega Pro - 1^ Divisione Gir. B
Petrone nuovo tecnico del San Marino | 29.10. 2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. B
Van Wijk nuovo tecnico del Roeselare | 29.10. 2008 - Juliper League (BEL)
Adams nuovo tecnico del Portsmouth | 28.10. 2008 - Premier League (ING)
Ipatinga, Moreira in panchina | 28.10.2008 - Campeonato Brasileiro Série A (BRA)
Lucerna, esonerato Roberto Morinini | 27.10.2008 - Super League (SVI)
Sollevato dall'incarico il tecnico Franco Varrella | 27.10.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. B
Costacurta sulla panchina del Mantova | 27.10.2008 - Serie B (ITA)
Redknapp nuovo tecnico del Tottenham | 25.10.2008 - Premier League (ING)
Munteanu nuovo allenatore dello Steaua Bucarest | 24.10.2008 - Liga (ROM)
Chiarenza nuovo tecnico dell'Ascoli | 21.10.2008 - Serie B (ITA)
Pro Vercelli, esonerato Gaudenzi. Arriva Motta | 20.10.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. A
Meyer sulla panchina del Monchengladbach | 20.10.2008 - Bundesliga
Buglio nuovo tecnico del Poggibonsi | 18.10.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. B
Alfaro nuovo tecnico del Rosario Central | 18.10.2008 - Apertura / Clausura
Fluminense, Simoes è il nuovo tecnico | 18.10.2008 - Campeonato Brasileiro Série A
Gimnasia, Madelon è il nuovo allenatore | 17.10.2008 - Apertura / Clausura
Giacomarro esonerato dal Rovigo, arriva Parlato | 16.10.2008 - All. Lega Pro - 2^ Divisione Gir. B
Piantoni nuovo allenatore del Pergocrema | 16.10.2008 - All. Lega Pro - 1^ Divisione (ITA)
Camacho per l'Osasuna | 16.10.2008 - Liga (SPA)
Roda, esonerato il tecnico Atteveld | 08.10.2008 - Eredivisie (OLA)
Recreativo, Alcaraz sostituisce Zambrano in panchina | 08.10.2008 - Liga (SPA)
Aversa, via Cioffi. Torna Sergio | 07.10.2008 - Lega PRO 2^Div. Gir C (ITA)
Guidolin il nuovo tecnico del Parma al posto dell'esonerato Gigi Cagni.
Morgia nuovo tecnico della Juve Stabia | 01.10.2008 - Lega PRO 1^Div. Gir B (ITA)

mercoledì 5 novembre 2008

L'aziendalista


Articolo pubblicato da "La Settimana Sportiva" ripreso dal Corriere dello Sport a cura di Antonio Maglie.

In vetta al tredicesimo campionato consecutivo di A. L’Udinese di Giampaolo e Gino Pozzo non è una sorpresa ma la conferma che nel calcio chi programma e aguzza vista e ingegno ottiene risultati. Su quella panchina sono passati Zaccheroni e Guidolin, Spalletti e Marino ma le cose, alla fine, sono sempre andate nel verso giusto. Prima l’apparizione in Champions, adesso l’Uefa e il sogno­scudetto. Una fucina di successi e calciatori. Stranieri scelti pensando al costo e all’età: Muntari preferito a Essien perché più giovane; Pato «scartato» perché a sedici anni costava 2 milioni. Handanovic acquistato con 40 mila euro, Pepe riscattato con 1,3 milioni (ora ne vale 15). A Udine tutti (o quasi) vincono e fanno bene e i segreti del successo non sono poi così oscuri.
Sarebbe un bel segnale se lo scu­detto lo vincesse una outsider, l’Udinese o il Napoli. Fra i club le diffe­renze sono enormi, soprattutto dal pun­to di vista dei diritti televisivi. Sarebbe bello se il campo riavvicinasse i valori. Ma non è facile perché le Grandi torne­ranno grandi. Dovremo lottare e noi ab­biamo il dovere di impegnarci». Così Parlò Pasquale Marino, siciliano di Marsala, l’uomo che dalla panchina gui­da l’Udinese. Da Paternò alla vetta del campionato di A, passando per Catania e quattro promozioni.
L’ultima promozione sarebbe lo scu­detto. Ci pensa? «Vivo alla giornata. Questo è un perio­do in cui non ho tempo per rifiatare. Mercoledì si gioca di nuovo; questa mattina (ieri, n.d.r.) ci siamo allenati, ora prendo mia figlia a scuola e poi l’ac­compagno alla pallavolo. Non ho tempo per pensare».
Mercoledì torna in Sicilia. Da primo della classe: sensazioni, emozioni? «Ritrovo gente a cui sono legato, una società, il Catania, in cui ho vissuto be­ne ».
Vola anche la sua ex squadra... «La rivelazione del campionato, con l’Udinese e il Napoli».
Qualcosa in comune tra Udinese e Catania? «No, le mentalità sono diverse. Udine è in A da molti anni, il Catania è alla sua terza stagione: ha seminato bene e ora sta raccogliendo».
Tanto Sud al vertice di questa A: sor­preso? «Sinceramente non me lo sarei mai immaginato. Forse certe situazioni sono state facilitate dal fatto che alcune Grandi hanno avuto partenze un po’ len­te. Però, da uomo del Sud, mi fa piace­re ».

Voi avete travolto la Roma, l’Inter è stata bloccata dal Genoa: sarà una sta­gione di sofferenza per le Grandi? «Verranno fuori. Il calo in taluni casi dipende dagli infortuni: ci vuole fortuna anche nel calcio. E’ sempre meglio ave­re un organico al completo: i giocatori essendo in competizione si impegnano di più e sbagliano meno e il tecnico può fare scelte diverse».
La sua favorita? «Resta l’Inter».
La Coppa Uefa può condizionarvi? «Non credo. Abbiamo un organico piuttosto ampio: dobbiamo soltanto re­cuperare giocatori importanti come Za­pata, Felipe, Tissone e Obodo».
Le piace la Coppa Uefa? «E’ entusiasmante. Fino a qualche an­no fa non ci pensavo nemmeno a misu­rarmi a quei livelli».
Qual è il segreto del successo del­l’Udinese? Cambiano i giocatori, cam­biano gli allenatori ma i risultati alla fi­ne arrivano sempre. «Alla base di tutto c’è la società che la­vora seguendo un progetto, che cerca e trova continuamente giocatori giovani. Nulla è affidato al caso. Prendono Qua­gliarella lo mandano prima ad Ascoli, poi alla Samp quindi lo riprendono nel pieno della maturazione. Sul mercato riesce ad anticipare i concorrenti: San­chez lo hanno preso qualche anno fa e lo hanno lasciato in Sud America per poi portarlo in Italia al momento giusto».
Poi, però, tocca a lei valorizzare quei calciatori. «Non è una impresa difficile quando tra le mani hai degli atleti di talento».

A volte, però, bisogna crederci. Pepe è una scommessa vinta: come? «Lo scorso anno avevamo sette attac­canti e io in campo ne mando tre. Qual­cuno doveva partire e tra i possibili par­tenti c’era anche lui. E’ venuto da me, ha detto che non voleva andare via per­ché voleva giocarsi le sue chances. Si è messo a disposizione: ora tutti si sono accorti di lui ma in realtà è dallo scorso anno che gioca così».
Sanchez, invece, ha le stimmate del predestinato. «Deve migliorare ma rappresenta un grande patrimonio: deve solo crescere con pazien­za ».
Ha trasformato D’Agostino in un vero regista rigenerandolo. «In realtà, l’idea non è mia ma di Malesani. D’Agostino per noi è un giocatore importantis­simo anche perché in quel ruolo non abbiamo alternative».
L’identico dialetto vi aiuta? «Lui è di Palermo, io di Marsala. La prima volta che lo vidi giocare in quel ruolo fu a Reggio Calabria: allenavo ancora il Catania ma non giocavamo perché la nostra partita era stata rinviata. Media­no basso: era la prima volta che lo vede­vo giocare così e mi piacque».
Di Natale cos’è per voi? «Di Natale per tecnica è un giocatore straordinario. In più si sacrifica».
Come cambia il calcio man mano che si sale dalla C2 alla A? «Aumenta il ritmo, la velocità. I valo­ri tecnici in A sono elevati e la velocità di pensiero cresce. Perciò è importante lavorare bene in allenamento: meglio sedute più brevi ma a ritmi altissimi. Gli allenamenti a ritmi bassi non servo­no a nulla»

giovedì 30 ottobre 2008

Fair Play ... Sbaglia il rigore apposta e l’allenatore lo sostituisce


IL QUINDICENNE: «Era un penalty ingiusto Ho guardato i compagni e ho tirato fuori»
IL MISTER: «Non ha rispettato le regole»

E’ giusto sbagliare un calcio di rigore per compiere un gesto di fair play sportivo? O forse è più giusto realizzarlo per rispetto nei confronti dell’arbitro che ha preso quella decisione e nei confronti degli stessi avversari? Parliamo di un episodio accaduto nel match della categoria Allievi provinciali tra le squadre Virtus Villafranca e Albignasego. L’arbitro decreta un calcio di rigore a favore dell’Albignasego, che tra l’altro sta già vincendo 7-0. Motivo: un fallo di mano in area fatto da un difensore del Virtus Villafranca.
Il quale, con i compagni, protesta sostenendo che il pallone era già uscito dal campo prima del tocco di mano. Il rigore viene concesso, il difensore viene espulso e Luigi M., rigorista dell’Albignasego Allievi, dopo un cenno d’intesa con i compagni di squadra, decide di calciarlo fuori apposta. A quel punto il suo allenatore, Antonio Veloce, si arrabbia e lo sostituisce immediatamente. La giovane promessa granata di 15 anni era convinto dell’ingiustizia del rigore, come spiega: «L’ho calciato fuori perché eravamo tutti convinti che il rigore non c’era. Io preso dalla situazione ho deciso di buttarlo fuori per riguardo verso la squadra avversaria».
Però rispetto a volte non è solo compassione, ma bensì comportarsi normalmente onorando le regole imposte: è il pensiero di mister Veloce. Il 45enne allenatore ha sulla questione una sua visuale: «L’ho sostituito perché quando gli ho chiesto se l’aveva calciato fuori apposta lui mi ha detto di sì - rivela Veloce, ex SaonaraVillatora - Dal momento in cui si è in campo ci sono delle regole da rispettare, e le decisioni dell’arbitro vanno rispettate. L’andarci contro è un atto improprio nei confronti dell’arbitro e della squadra avversaria che magari non vuole regali».
Già, l’arbitro, il ruolo più difficile sul campo da calcio. Una decisione da prendere in pochi attimi, che la stragrande maggioranza del pubblico è pronta a contestare senza capirne le difficoltà e senza valutarne la buonafede, anche quando la delibera è quella giusta: «Il rigore per me c’era - afferma l’allenatore Veloce - Bisogna rispettare le decisioni dell’arbitro e quindi calciare fuori un rigore concesso può essere considerato un atto di mancanza di rispetto verso il suo operato. Poi non credo che la squadra avversaria sia contenta degli atti di carità». L’allenatore ha spiegato questo suo pensiero ai ragazzi nello spogiatoio. E soprattutto a Luigi, che ora ammette: «A fine partita il mister mi ha spiegato il suo punto di vista e ora mi pento di aver sbagliato il rigore. Forse facendo così non ho portato rispetto verso l’arbitro».

Articolo di Federico Franchin pubblicato da “Il Mattino di Padova

lunedì 27 ottobre 2008

Fair Play ... :“Gilardino? Inaccettabile furbizia”


Nell’editoriale dal titolo ‘Tutti i meriti di Reja. Gila, occasione persa’, e presente stamani sulle pagine del Corriere dello Sport, ecco ciò che scrive il direttore del quotidiano sportivo Alessandro Vocalelli in merito al fallo di mano compiuto ieri sera da Alberto Gilardino nel corso della gara contro il Palermo: “Inaccettabile che arbitro e guardalinee non si siano accorti di nulla, un peccato che il centravanti viola abbia perso l’occasione di confessare in campo l’irregolarità, anche se sulla stessa azione ci sarebbe stato comunque un rigore per i viola. Ma per una società che ha fatto del fair play il suo marchio di fabbrica, per una società che si è imposta come modello di correttezza, sarebbe stato un altro spot formidabile se il suo attaccante avesse ammesso l’irregolarità. Peccato non rendersi conto che si può passare alla storia di un campionato anche con un gesto così e non solo con prodezze che meritatamente Gilardino sta mettendo insieme dall’inizio della stagione. Questa bellissima Fiorentina ha una società forte, una squadra di livello e – come si dice – non ha alcun bisogno di aggiungere una dose di inaccettabile furbizia alle proprie qualità”.

mercoledì 8 ottobre 2008

Settembre 2008: 29 cambi di guida tecnica

Esonerato Cagni, Guidolin al Parma | 30.09.2008 - Serie B (ITA)
Chiarugi esonerato dal Poggibonsi | 29.09.2008 - Lega PRO 2^Div. Gir B (ITA)
Vieira lascia l'Iraq | 29.09.2008 - AFC - Asian Football Confederation
Brescia, Sonetti nuovo allenatore | 25.09.2008 - Serie B (ITA)
Fossati lascia la panchina del Qatar | 25.09.2008 - AFC - Asian Football Confederation
Emirati Arabi, Bethenay è il nuovo ct | 25.09.2008 - AFC - Asian Football Confederation
Trofense, esonerato Conceicao | 25.09.2008 - Superliga (POR)
Sarri al Perugia | 23.09.2008 - Lega Pro 1^ Div. - Gir. B (Ita)
Perugia, esonerato Pagliari | 22.09.2008 - Lega Pro 1^ Div. - Gir. B (Ita)
Dincbudak sulla panchina del Konyaspor | 22.09.2008 - Superlig (TUR)
Mário Sérgio nuovo tecnico del Figueirense | 22.09.2008 - Campeonato Brasileiro Série A (BRA)
Huracan, Claudio Ubeda si dimette | 22.09.2008 - Apertura - Clausura (ARG)
Renato Gaucho nuovo tecnico del Santos | 22.09.2008 - Campeonato Brasileiro Série A (BRA)
Colombia, cacciato il Ct Pinto | 17.09.2008 - Confederación Sudamericana de Fútbol
Gornik Zabrze, Kasperczak è il nuovo tecnico | 17.09.2008 - Polska Orange Ekstraklasa (POL)
Barnes nuovo C.T. della Giamaica | 17.09.2008 - CONCACAF
Kazakhstan, Storck è il nuovo ct | 16.09.2008 - Union des associations européennes de football
Potenza, esonerato Chierico, la panchina al duo Catalano - Gauteri | 12.09.2008 - Lega PRO 1^Div. Gir B (ITA)
Zola nuovo allenatore del West Ham | 11.09.2008 - Premier League (ING)
Tom Tomsk, il nuovo tecnico è Nepomniaschi | 11.09.2008 - Russian Premier League (RUS)
Laudrup nuovo allenatore dello Spartak Mosca | 11.09.2008 - Russian Premier League (RUS)
Michael Laudrup, allenatore del Getafe nell'ultima stagione, ha firmato un contratto di 18 mesi con i russi dello Spartak Mosca. L'ex giocatore di Brøndby, Lazio, Juventus, Barcelona, Real Madrid, Vissel Kobe ed Ajax sostituisce il dimissionario Stanislav Cherchesov, dimessosi dopo la figuraccia maturata nel terzo turno preliminare di Champions League contro i rivali di sempre della Dynamo Kiev. (Fonte:TMW)
Illychivets Mariupil, Bliznyuk nuovo tecnico | 10.09.2008 - Ukrainian Premier League( (UCR)
Oenning sulla panchina del Norimberga | 09.09.2008 - Bundesliga 2 (GER)
Zeman esonerato dalla Stella Rossa | 07.09.2008 - Meridian SuperLiga (SER)
Rekdal nuovo tecnico dell'Aalesunds FK | 06.09.2008 - Tippeligaen (NOR)
Altach, Schonenberger nuovo allenatore | 05.09.2008 - T Mobile Bundesliga (AU)
Via Colantuono, al Palermo arriva Ballardini | 04.09.2008 - Serie A (ITA)
Cluj, in panchina arriva l'italiano Trombetta | 01.09.2008 - Liga (ROM)
Ajaccio, Pasqualetti è il nuovo tecnico | 01.09.2008 - Ligue 2 (FRA)

giovedì 2 ottobre 2008

Alleniamo.com 10

Nel mese di ottobre dell'anno 1998 alcuni allenatori di calcio sardi mettevano online le prime pagine del sito.
Dapprima attraverso gli spazi web gratuiti forniti con la sottoscrizione ad internet, poi con il dominio Alleniamo.it, per arrivare dal 2002 ad Alleniamo.com.
Ricorre quindi in questo mese il decimo anno di attività.
Ci hanno riconosciuto, e ne siamo veramente fieri, che in questo percorso abbiamo contribuito a migliorare le conoscenze di molti colleghi, senza pretesa alcuna di verità metodologica, ma attivandoci si a mettere a disposizione ulteriori mezzi di aggiornamento.
Non vorremmo citare numeri o autoincensarci, ci sono gli strumenti di analisi che possono essere consultati, per chi volesse farlo (Alexa o Google Analytics.)
Diciamo solo che siamo cresciuti come visite in maniera esponenziale, con 2.760.000 di utenti, 800 contatti giornalieri, 52.756 pagine visualizzate con fonti di traffico di 63 Paesi/Zone.
Due Blog per avere ancora qualcosa da leggere, che non sia propriamente tecnico, ma di attualità sportiva e di commento.
92 collaboratori, che non finiremo mai di ringraziare, nessuna entrata pubblicitaria, nessun banner che non sia a carattere sociale, nessuna password e nessun login o user ID con articoli a pagamento attraverso i quali si ottengono sicuri i tre punti alla domenica ...
Molto modestamente Alleniamo.com ringrazia tutti e si prepara alla prossima sfida.

P.S. Sono graditi gli auguri

SEGNALIAMO
Che a causa di manutenzione straordinaria del sito (cambio di maintainer, Supporto PHP, Supporto Perl, Ruby on Rails, WAP, Flash, Java,Streaming audio/video, IMAP e POP3 server) le pagine di Alleniamo.com non saranno raggiungibli per 48/72 ore.
Ci scusiamo per il disagio

martedì 30 settembre 2008

Ulivieri 'Brienza? Il gioco deve fermarlo l’arbitro'

Intervenuto ai microfoni di “Mediagol” su Prima Radio, il presidente dell’Associazione Italiana Allenatori Calcio, Renzo Ulivieri, è tornato a commentare il gesto di fair play che ha visto protagonista Brienza durante la sfida del "Barbera" di ieri tra Palermo e Reggina. “Più correnti di pensiero in questo episodio? Corrente di pensiero ce n’è una sola: c’è un regolamento, un accordo fatto tra allenatori, capitani e arbitri nel quale si è detto che in questi casi fischia l’arbitro – ha spiegato il tecnico - poi si può interpretare come vuole da ogni singolo calciatore, ma questo accordo nasce soltanto nel rispetto degli spettatori e per tenere elevati i ritmi del match ma se fossi stato il presidente o l’allenatore della Reggina mi sarei arrabbiato pesantemente per questo episodio. Si è già detto e ribadito che deve decidere l’arbitro a fermare il gioco – ha aggiunto Ulivieri - un giocatore pertanto deve soltanto pensare a giocare, a maggior ragione se gioca per una squadra, la cui panchina del tecnico è a rischio”.

Fair Play ... Franco Brienza, un uomo prima che calciatore

Articolo pubblicato sul blog Balarm.it di Giuseppe GERACI

Palermo-Reggina. E’ un gol fatto ma Brienza si ferma. Che succede? Il pubblico applaude, i giocatori avversari gli tendono la mano, l’arbitro si congratula.
Signori oggi non mi va di parlare di tattica, di gesti tecnici, polemiche più o meno sterili su quanto avviene all’interno del rettangolo di gioco, quindi voglio anteporre l’aspetto umano a quello calcistico. Tante volte allo stadio applaudiamo, come tanti robot, al gesto del “fair play” tanto caro all’UEFA ma poche volte ci troviamo di fronte ad un giocatore che antepone il cuore ad un gol fatto, che privilegia un gesto nobile che ha lasciato di stucco i 30.000 del Barbera e tutto il mondo pallonaro.
Signori stiamo parlando di Franco Brienza detto “Ciccio”. Siamo al 2° minuto della ripresa (in Palermo-Reggina dello scorso 28 settembre) e, durante un contrasto aereo, Corradi Reggina e Balzaretti restano a terra mentre l’azione prosegue con Brienza che supera di slancio il diretto avversario e si ritrova a tu per tu con il portiere avversario.

E’ un gol fatto ma Brienzino si ferma. Che succede? Il pubblico applaude, i giocatori avversari gli tendono la mano, l’arbitro si congratula. Sì è proprio vero Ciccio non l’ha messa dentro. Indubbiamente avranno pesato i 7 anni trascorsi all’ombra del Pellegrino per l’ex fantasista rosa ma non basta. Potevi far gol e non esultare per poi scusarti con pubblico ed avversari di non aver visto ciò che accadeva alle spalle……no, no dietro questo gesto c’è qualcosa di più.

C’è un grande uomo che un giorno potrà raccontare ai propri figli di essere diventato un esempio per tanti cialtroni e mestieranti del calcio d’oggi che guardano solo a sponsor e mettono ingaggi al primo posto in una loro personalissima scala di valori, potrà vantarsi di aver insegnato ai tanti bambini che guardano al calcio ancora come uno sport che esiste il rispetto per gli avversari ed il sentimento.
Ha detto bene chi in sala stampa, nel dopo partita, ha espresso il desiderio di proiettare il gesto tra le scuole calcio, tra quelle giovani leve che dal calcio e dallo sport in generale devono trarre insegnamenti di vita. Un giorno, visitando una scuola calcio affollata di ragazzini, qualcuno mi disse “non tutti diventeranno calciatori ma sicuramente diventeranno uomini”. Il grande Sciascia aveva effettuato una particolare classifica del genere maschile con il suo celebre omini, mezzi omini, ominicchi e quaquaraquà. Sicuramente Brienza è un uomo!

martedì 16 settembre 2008

Trombetta dall’Eccellenza alla Champions


Ha lavorato con Galeone e Guidolin, guida i campioni di Romania dopo aver allenato il Sevegliano.

In una domenica di maggio libera da impegni col Sevegliano, Maurizio Trombetta era allo stadio Rocco, sorridente come sempre e cordiale con le vecchie conoscenze. «Un po’ di A e di B le ho viste. Ma come secondo di Galeone e Guidolin. Adesso faccio l’allenatore responsabile in prima persona e comincio da una categoria più bassa, in Eccellenza». A distanza di tre mesi, Trombetta fa l’esordio in Champions League, sulla panchina del Cluj, e stasera incontra la Roma. Una volata così veloce nessuno se l’aspettava, Neanche lui che di volate è sempre stato pratico.

Col pallone ci sapeva fare fin da ragazzino ed era terribilmente veloce. Così veloce che a Trieste lo chiamavano Speedy Gonzalez. L’allenatore di quella Triestina che ottenne la promozione in serie B, Marino Lombardo, diceva un po’ estasiato e un po’ stizzito: «Ogni tanto Trombetta arriva prima del pallone. Dovrebbe rallentare un po’ il passo». Il passo glielo hanno rallentato all’Udinese, quando lo hanno esonerato dalle funzioni di vice per fare un dispetto a Galeone.

Friulano di 46 anni, una carriera di giocatore tra cadetti e serie C, una laurea all’Isef con tesi sulla diversificazione dei carichi di allenamento in un piano di preparazione annuale per una squadra di calcio. Parole difficili per spiegare come lavorare sulla preparazione fisica. Per la tattica, oltre alle esperienze fatte da attore sui campi, anche il contatto quotidiano con un amante del bel gioco come Gianni Galeone, teorico del 4-3-3.

Con Galeone a Udine in serie B dal 1994, poi a Perugia, quindi a Napoli. Nel 1998 torna all’Udinese come assistente di Guidolin, l’anno successivo al Bologna in serie A per cinque campionati. Nel 2003-04 ancora all’Udinese con Galeone fino all’esonero.

E adesso si presenta alla stampa italiana sapendo dei suoi limiti e di quelli della squadra da lui diretta, i campioni di Romania del Cluj, appena avuti in eredità da Ioan Andone, esonerato per scarsi risultati. Trombetta non si nasconde dietro frasi convenzionali: «Una partita come questa contro la Roma non ha bisogno di motivazioni. La squadra si è guadagnata la qualificazione alla Champions sul campo, io mi ci sono trovato. Il Cluj vuole sfruttare questa occasione, i giocatori non hanno bisogno che io dica nulla».

Umile e realista, Trombetta sa delle difficoltà dei giallorossi e proverà a sfruttare il fattore sorpresa.
Spalletti, dal canto suo, tiene alta la concentrazione della Roma: «Ho visto e rivisto alcune partite del Cluj. Una squadra che gioca bene. Non avremo vita facile».

Il girone comprende anche Bordeaux e Chelsea e Trombetta ammette: «Noi siamo in quarta fascia, il nostro obiettivo è quello di arrivare terzi nel girone per essere così ammessi alla Coppa Uefa. Giocheremo tutte le partite contro grandi squadre, sarà un onore affrontarle».

Senza ansie nè isterie, Trombetta vive il salto dai dilettanti al massimo livello europeo del calcio. Sempre col sorriso perché si tratta pur sempre di un gioco, ma con decisione e serietà nel lavoro che aveva fin da quando scattava alzando una nuvola di polvere sui lanci di Papais, ricorda i due amici Galeone e Guidolin: «Ho avuto la fortuna di lavorare con loro e imparare da entrambi. Le basi tecniche le ho, adesso devo riuscire a dimostrare che so dirigere la squadra a certi livelli».

E parlando del Cluj, Trombetta racconta: «Siamo una squadra con buone capacità fisiche, ci sono parecchi stranieri, si gioca un calcio tecnico. Ma il migliore è un rumeno, Trica. Il calcio rumeno è in evoluzione, si avvicina ai migliori in Europa». Come a dire che se il Cluj arrivasse terzo nel girone, non sarebbe un colpo fortunato. Roma attenta, Trombetta non parla a vanvera. Anche se sorride.

Articolo di Bruno Lubis pubblicato dal "Piccolo" di Trieste

Profilo
Maurizio Trombetta (Udine, 29 settembre 1962) è un ex calciatore e allenatore di calcio italiano.
E' un ex calciatore professionista ora allenatore di calcio di prima categoria (diploma Isef nel 1988 e corso master per allenatori professionisti di prima categoria nel 2001).
Ha iniziato la carriera da calciatore con l'Udinese squadra con la quale ha vinto (suo il gol nella finalissima contro la Roma) il Campionato Primavera della stagione 1980/1981 insieme ai friulani Paolo Miano, Gianfranco Cinello, Loris Dominissini, Gigi De Agostini.
Carriera di Allenatore
Ha iniziato ad allenare gli allievi dell'Udinese nel 1994. Dopo pochi mesi è stato chiamato da Giovanni Galeone sulla panchina dell'Udinese che all'epoca militava in Serie B. Come vice di Galeone ha vinto il Campionato di Serie B.

L'anno dopo ha seguito Galeone a Perugia vincendo il Campionato 1995/1996 e quindi a Napoli. Nel 1998 torna a Udine e questa volta è il vice di Francesco Guidolin. L'anno successivo (1999) con Guidolin va ad allenare il Bologna sempre in Serie A per 5 stagioni.

Nel 2003/2004 è ancora con Galeone ad Ancona e torna di nuovo a Udine per salvare l'Udinese nella stagione 2006/2007.

Nella stagione 2007/2008 inizia ad allenare non più come vice di qualcuno dopo 10 anni di professionismo si mette in gioco partendo dall'Eccellenza.

Il presidente del Sevegliano Francesco Vidal gli affida la squadra che è, a 7 giornate dall'inizio del campionato, ultima in classifica. Maurizio Trombetta salva la squadra e riesce a terminare il campionato al quarto posto (31 punti fatti nel girone di ritorno), vincendo inoltre la Coppa Italia del Friuli Venezia Giulia battendo le prime due classificate del Campionato. La sua squadra termina la stagione subendo solo 22 gol e vanta quindi la miglior difesa del campionato. A fine stagione viene premiato come Miglior Allenatore del 2008 dei dilettanti friulani. Nel giugno 2008 viene ingaggiato dall'imprenditore rumeno Arpad Paszkany proprietario del CFR Cluj (Romania), vincitrice di campionato e Coppa di Romania l'anno precedente e quindi qualificata per la prima volta alla UEFA Champions League 2008-2009.[1]

mercoledì 20 agosto 2008

Primera Division spagnola 2008 - 2009


La Primera División, nota anche come La Liga, è la massima serie calcistica spagnola, che si colloca al vertice del sistema del campionato di calcio spagnolo. Si tratta di un campionato attualmente formato da 20 squadre che si affrontano in un girone di andata e ritorno per un totale di 38 gare per squadra.
Le prime quattro squadre accedono alla Champions League: le prime due direttamente alla fase a girone, la terza e la quarta agli spareggi preliminari. La quinta e la sesta classificata, insieme alla vincitrice della Copa del Rey (Coppa del Re), accedono invece alla Coppa UEFA. Se la vincitrice della Coppa nazionale si piazza entro il 6° posto, alla Coppa UEFA accede la 7° in classifica. Tutte le squadre hanno poi diritto a richiedere un posto nella UEFA Intertoto Cup: ha accesso la prima in lista che non ha usufruito di un posto nelle altre due competizioni europee. Le ultime tre classificate retrocedono in Segunda División. La Primera División corrisponde alla Serie A italiana.
Dalla stagione 2008-2009 però cambia denominazione: infatti la "Primera Liga" va a chiamarsi "Liga BBVA" (che quindi non è più accostato al "campionato cadetto" spagnolo), mentre la seconda divisione si chiamerà "Liga Adelante". Il nome BBVA deriva dallo sponsor, cioè il "Banco de Bilbao-Vizcaya Argentaria".
Storia
Il primo campionato si disputò nel 1929, fra il 10 febbraio e il 23 giugno e vide il successo del Barcellona sulle altre nove squadre partecipanti, con una vittoria arrivata proprio all'ultima di campionato per la sconfitta del Real Madrid con cui condivideva la testa della classifica.
Il campionato fu poi esteso a 12 squadre a partire dal 1933, ma venne sospeso per tre anni, dal 1936 al 1939 a causa della guerra civile. Alla ripresa delle competizioni, si passò nel 1941 a 14 squadre e poi a 16 nel 1950.
Dal 1953 al 1990 il Real Madrid vinse il campionato per 23 volte in 37 anni, con due cicli da 5 vittorie consecutive (1961-1965 e 1986-1990). Nel frattempo la Primera era passata a 18 squadre nel 1971 e a 20 nel 1987.
Proprio nel 1987 fu sperimentata una formula presto abbandonata, quella dei play-off per l'assegnazione del titolo, che tuttavia non vide mutato il vincitore rispetto alla regular season.
L'ultima modifica, provvisoria, del formato avvenne fra il 1995 e il 1997 con un campionato a 22 squadre, per tornare infine all'ormai tradizionale 20 squadre.
Il pallone usato è unico ed è fornito dalla Nike.
Da inizio anni '90, una partita deve essere necessariamente trasmessa in analogico; fino al 2006 i diritti erano del consorzio FORTA, che raggruppa le tv delle autonomie, essi sono poi passati a La Sexta per 3 anni fino al 2009, ma dal 2007 si è scatenata una "guerra" con Sogecable sui match da trasmettere, nella quale è intervenuta anche Telecinco.
Le squadre di Primera División
La stagione 2007/2008 è la 77° edizione del campionato di Primera División. Al massimo campionato spagnolo hanno preso parte 55 diverse squadre. Solo 3 di queste sono riuscite a non retrocedere mai in Segunda División, e precisamente l'Athletic Club, il Barcellona e il Real Madrid.
Queste sono le 55 squadre, ordinate per numero di campionati disputati (aggiornato alla stagione 2007/2008).
77 volte: Athletic Club, Barcellona, Real Madrid
73 volte: Valencia, Espanyol
71 volte: Atletico Madrid
64 volte: Siviglia
63 volte: Real Sociedad
54 volte: Real Saragozza
46 volte: Celta Vigo
45 volte: Betis Siviglia
40 volte: Racing Santander
38 volte: Oviedo, Valladolid, Deportivo la Coruña
36 volte: Sporting Gijón
31 volte: Las Palmas
30 volte: Osasuna
27 volte: Málaga
22 volte: Maiorca
19 volte: Elche, Hércules, Real Murcia
18 volte: Granada
14 volte: Sabadell
12 volte: Cadice, Rayo Vallecano, Salamanca, Tenerife
11 volte: Deportivo Alavés, Castellón
9 volte: Burgos, Logroñés, Villarreal
8 volte: Córdoba,
7 volte: Albacete, Arenas Guecho
6 volte: Pontevedra
5 volte: Levante, Recreativo Huelva
4 volte: Alcoyano, Compostela, Real Irún, Tarragona, Getafe
3 volte: Europa Barcellona, Numancia, Real Jaén, Almería
2 volte: Extremadura, Lleida, Mérida,
1 volta: Atletico Tetuán, Condal Barcellona, Cultural Leonesa
Real Madrid , Barcellona e Athletic Club sono le uniche squadre ad aver giocato sempre nel massimo campionato spagnolo (77 presenze) e le uniche squadre insieme al Getafe a non essere mai retrocesse nella serie inferiore , la BBVA (tale nome, come già citato, fino alla stagione 2007-2008).
Classifica titoli
Squadra:
Real Madrid
Titoli:31
Anni:1932, 1933, 1954, 1955, 1957, 1958, 1961, 1962, 1963, 1964
1965, 1967, 1968, 1969, 1972, 1975, 1976, 1978, 1979, 1980, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1995, 1997, 2001, 2003, 2007,2008
Barcellona, 18
Anni: 1929, 1945, 1948, 1949, 1952, 1953, 1959, 1960, 1974, 1985, 1991, 1992, 1993, 1994, 1998, 1999, 2005, 2006,
Atlético Madrid
Titoli: 09
Anni:1940, 1941, 1950, 1951, 1966, 1970, 1973, 1977, 1996,
Athletic Bilbao
Titoli:08
Anni: 1930, 1931, 1934, 1936, 1943, 1956, 1983, 1984
Real Sociedad
Titoli:02
Anni: 1981, 1982
Siviglia
Titoli:01
Anno:1946
Deportivo
Titoli:01
Anno:2000
Betis
Titoli:01
Anno:1935
Primera Division Liga
Anno di fondazione:1929
Titolo: Campione di Spagna
Cadenza: annuale
Apertura: Settembre
Partecipanti: 20 squadre
Formula: Girone all'italiana A/R
Retrocessione:Segunda Division
Detentore: Real Madrid
Sito internet: lfp.es