giovedì 14 gennaio 2010

Antilopi e pallottole


Articolo pubblicato da "Il Manifesto" a cura di Cosimo Cito

L'anno dell'Africa inizia presto, domani. Inizia a Luanda, di fronte i padroni di casa dell'Angola opposti al Mali. In uno stadio stupendo, enorme, 50mila posti che non c'erano prima, intorno a un verde infinito. È la Coppa d'Africa, edizione numero 27, la prima di sempre in Angola, ex colonia portoghese, immenso paese del sudovest africano da 12 milioni di abitanti. Saranno le prove generali di grande calcio in attesa del Mondiale. Sedici squadre, una marea di campioni, probabilmente l'edizione più grande di sempre. Non c'è il Sudafrica, incapace, paradossalmente nell'anno del suo Mondiale, di qualificarsi alla fase finale della competizione, in uno dei momenti calcistici meno felici dal suo ritorno alle competizioni internazionali datato 1992. Sarà l'unica assente tra le sei nazionali del Continente Nero qualificate per la Coppa del Mondo. Nigeria, Camerun, Costa d'Avorio, Algeria e Ghana, le cinque sorelle che a giugno proveranno a riscrivere la storia calcistica dell'Africa, ci saranno e tutte, e tra grandeur («Non vedo perché non potremmo vincere il Mondiale a giugno» accenna con cautela Samuel Eto'o), ambizioni e realismo, tenteranno di lasciare il segno.
Quattro gironi, si gioca in quattro città, Luanda, Benguela, Lubango e Cabinda, l'exclave angolano compresso tra le due repubbliche congolesi, a nord della madrepatria. A Luanda giocherà l'Angola padrona di casa, inserita in un girone duro con Mali, Malawi e Algeria. L'Angola dalla lingua, dai nomi, dal tecnico (Manuel José) portoghesi, può contare sull'aiuto del pubblico, sul grandissimo entusiasmo, sui reduci da Germania 2006 - due punti con Messico e Iran, sconfitta di misura col Portogallo - cui si aggiunge il giovane talento Djalma Campos. Le Antilopi nere affrontano allo start l'ambizioso Mali di Diarra, Sissoko e Keità, cuori neri del centrocampo di Real, Juve e Barcellona, uomini dal granitico temperamento e di grande sostanza.
Due anni fa, nella finale di Accra, in Ghana, l'Egitto sconfisse con un gol di Aboutrika il Camerun di Samuel Eto'o. Vittoria cui non è seguita la conquista di un posto mondiale da parte dei Faraoni. Il Camerun invece approccia la Coppa con i favori del pronostico. L'interista Eto'o, con 16 gol il miglior cannoniere nella storia della competizione, guida i Leoni alla conquista della possibile cinquina. Gabon, Zambia e Tunisia non spaventano il tecnico francese Paul LeGuen, diciassettesimo ct degli Indomabili in vent'anni, pochi risultati in relazione all'immenso patrimonio di talento e organizzazione, ai soldi - tanti - convogliati da sponsor ricchi alla ricerca di una miniera d'oro che resta assai potenziale. Titolo olimpico di Sydney a parte, il Camerun non è più stato all'altezza del mito di quella squadra davvero indomabile, trascinata da Roger Milla, che a Italia '90 mancò per soli 7 minuti le semifinali dopo aver battuto Argentina, Romania e Colombia, piegata solo dall'arbitro messicano Codesal e da due rigori di Gary Lineker. Eto'o, costretto dalla sua federazione a rimanere in Africa, lontanissimo dalla sua Inter che stentava e vinceva tra fischi, ghiaccio e polemiche a Verona, non è solo: da seguire anche il centrocampista del Marsiglia M'Bia e l'attaccante Kameni.
A Cabinda c'è l'altra favorita d'obbligo, la Costa d'Avorio, gli Elefanti arancioni che Didier Drogba proverà a trascinare di peso all'ultimo atto, mancato due anni fa per un soffio - 4-1 dall'Egitto in semifinale. Drogba, certo, ma anche Yaya Touré del Barcellona, Gervinho del Lille, Koné del Marsiglia. Squadra fortissima, guidata dall'esperto tecnico bosniaco Halilodzic. Dura contro Burkina Faso, Togo e soprattutto il Ghana di Michael Essien, del quale Ancelotti ha dovuto privarsi nel momento caldo della stagione. Fuori dalla rosa dei 23 Appiah e Muntari, in rotta col tecnico, dentro Asamoah dell'Udinese e Badu della Sampdoria. Complessivamente gli «italiani» sono una decina. Nel novero anche Ghezzal, Meghni, Diamoutene, Mariga, il prossimo milanista e bomber del recente mondiale Under 20 vinto dal Ghana Dominic Adiyiah. Brilla nel Ghana la stella di André Ayew, classe '89, attaccante esterno dell'Arles-Avignon, figlio di Abedì Pelé, mitico fantasista di Marsiglia e Toro.
Egitto, Nigeria, Benin e Mozambico chiudono il programma, in un girone prevedibilmente sbilanciato verso le prime due. Nella Nigeria non mancheranno i gol e la velocità di Obi Mikel (Chelsea) e dell'ex interista Obafemi Martins (Wolfsburg). Passano le prime due di ogni raggruppamento, poi quarti, semifinali e finale, il 31 gennaio a Luanda. Predoni di talenti di tutta Europa sono già in agguato sulle tribune dei modernissimi stadi angolani, completati a tempo di record anche grazie agli interventi di investitori stranieri, soprattutto cinesi. Paese povero l'Angola, dilaniato per anni da guerre intestine tra opposte fazioni, dove gran parte dei dodici milioni di abitanti vive con meno di un dollaro al giorno e il malaffare prospera, nonostante alcuni segnali positivi, come la mutata skyline di Luanda, la costruzione di un moderno aeroporto, di strade e strutture turistiche che potrebbero riempirsi in coincidenza con la bella stagione e la Coppa. Intanto però in Angola si spara ancora, anche contro il calcio. Il pullman della nazionale togolese è stato mitragliato nei pressi del confine tra la Repubblica Democratica del Congo e l'enclave di Cabinda, una delle province dell'Angola, lacerata da un conflitto separatista dopo l'indipendenza nel 1975. Sono rimasti feriti il portiere Kodjovi Obilale e il difensore Abou Diaby, colpito alla schiena insieme aal preparatore dei portieri e al responsabile della comunicazione. «Mentre attraversavamo la frontiera - ha raccontato il centrocampista Thomas Dossevi - vi è stata un'intensa mitragliata e tutti noi ci siamo buttati sotto i sedili. La polizia ha risposto al fuoco, è stata come una guerra. Sono scioccato. In questo momento non abbiamo molta voglia di giocare. Pensiamo ai nostri compagni feriti». L'esordio del Togo è previsto contro il Ghana, lunedì a Cabinda.



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lunedì 11 gennaio 2010

Le mie figurine: Antonio Logozzo


Nato a: Gioiosa Ionica (RC) il 26.09.1954
Nazionalità: italiana
Altezza: 176 cm
Peso: 72 kg
Ruolo: Terzino destro
Palmares: 1 promozione in serie A (Sampdoria 1981-82)

La storia di Antonio Logozzo è la storia di un altro calcio, •«un calcio più genuino•» di quello odierno, come ha detto lui stesso in una recente intervista. •«Entravi in campo per dare l'anima, pensando solo alla passione che avevi dentro e alla voglia di far bene per la gente che ti incitava dagli spalti. Oggi diciamo che il calcio è più... sponsorizzato. Gli ingaggi di allora non sono nemmeno paragonabili a quelli di oggi e anche i calciatori sono molto diversi•». Queste le sue parole sul calcio d'oggi, ma il da calciatore com'era? Logozzo era un terzino destro dalla grinta inesauribile e generoso come pochi. Era proprio il tipo di giocatore che piace ai tifosi, uno che •«onorava la maglia•» non tirando mai indietro il piede e lottando su ogni pallone.

La carriera professionistica di Logozzo, nato a Gioiosa Ionica in provincia di Reggio Calabria e cresciuto nella Bovalinese, inizia ad Acireale in Serie C. Ad appena 19 anni mostra personalità e tecnica di categoria superiore guadagnandosi subito il posto da titolare e l'attenzione degli osservatori. L'anno successivo passa all'Avellino in Serie B dove fa talmente bene da guadagnarsi presto la chiamata nella massima Serie, da parte dell'Ascoli di Rozzi. Un'ascesa notevole visto che Logozzo in due anni si trova dalla C alla A. Anche in terra marchigiana il terzino calabrese conquista subito la fiducia dell'ambiente e forma con i compagni Anzivino e Mancini una buona linea difensiva. Il campionato si rivela però assai difficile, l'attacco ascolano è il peggiore in assoluto (con appena 19 gare in 30 partite) e così alla fine arriva la retrocessione. Logozzo rimane ad Ascoli fino all'ottobre successivo quando viene ingaggiato dal Verona. La sua permanenza in riva all'Adige dura tre stagioni, tutte in A. Nelle prime due forma con Bachlechner una delle coppie difensive più arcigne e toste della massima serie, nella terza, in un'Hellas ridimensionato dalle numerose cessioni, il suo immancabile impegno non riesce ad evitare la retrocessione. In seguito vive tre stagioni alla Sampdoria, dove si toglie la soddisfazione di cogliere, seppur da comprimario, una promozione nella massima Serie. La sua carriera ha ormai intrapreso una parabola discendente: nelle annate successive rimane in Serie B, militando nel Bologna e nel Catanzaro. La retrocessione in C, maturata con quest'ultima squadra nel 1985/86 segna il suo addio al calcio che conta.

E dopo, che ne è stato di lui? A risponderci è lo stesso Logozzo: •«per una decina di anni ho fatto l'allenatore guidando il Francavilla, la Maceratese e facendo il secondo a Colautti al Messina. Poi ho allenato squadre minori al sud come Cariatese e Caltagirone. Pensavo di andarmene in pensione e ho un po' mollato, invece me l'hanno spostata avanti. Sono uscito fuori dal giro e ora nessuno sembra ricordarsi di me•». Conoscendo la sua grinta, comunque, c'è da star sicuro che un nuovo incarico lo troverà presto.

Fonte: Hellastory



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