martedì 11 novembre 2008

La lezione di Mourinho alle vedove di Mancini

Editoriale di Xavier Jacobelli su Mister x

Non saremo mai abbastanza grati a Josè Mourinho per la ventata di aria nuova che sta portando nel football italiano. Sia perché l’allenatore dell’Inter ha il coraggio delle sue idee sia perché i risultati gli stanno dando ragione in campionato e in Champions League, sia perché prende a calci l’insopportabile ipocrisia, l’urticante supponenza, la malcelata presunzione con la quale alcune vedove di Mancini pretendono di spiegargli come va il mondo.

E’ accaduto anche dopo la sofferta quanto fondamentale vittoria dei campioni d’Italia sulla splendida Udinese, che li aveva fatti soffrire a San Siro sino al provvidenziale gol di Cruz. Da persona intelligente qual è, Mourinho ha preso atto degli sbandamenti difensivi costati ai nerazzurri 5 gol nei due precedenti incontri (2 dalla Reggina, 2 dall’Anorthosis) e, conscio della pericolosità friulana, è tornato al 4-3-3. Josè ha fatto la mossa giusta al momento giusto e ha vinto.

Tutto il resto è fuffa. E’ fuffa chi rimpiange Mancini, dimentico di averlo attaccato sino all’ultimo giorno della sua esperienza interista o perché sodale, amico, sponsor del marchigiano che non ha bisogno di badanti per costruirsi un altro futuro. E’ fuffa chi è convinto di essere più bravo di Mourinho al punto da ritenere che le variazioni tattiche adottate contro l’Udinese non siano frutto dell’intelligenza del tecnico, ma delle critiche che gli sono state mosse. E’ fuffa chi continua a guardarsi indietro, a paragonare il presente con il passato. Addirittura, in una delle tv davanti alle quali si è presentato con educazione e intelligenza, Josè si è sentito ricordare che Moratti cacciò Simoni nonostante fosse al vertice della classifica. Ma che cosa c’entra? Ma che razza di modo di ragionare è questo? Ma perché, in questo Paese, non si parla mai di fatti concreti e si cerca di buttarla sempre in caciara? La gelosia, l’invidia, la fustrazione sono avversari rognosi anche per un totem come Mourinho che, prima di arrivare a Milano, aveva vinto 13 dei 26 trofei in cui era sceso in lizza con i club che si erano affidati a lui. Eppure, il signore portoghese ha spalle larghe e determinazione feroce per imporsi anche in Italia. Dove tutti, piaccia o no, sino alla fine dovranno fare i conti con lui e con l’Inter.
Xavier Jacobelli

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